Il dolce alito della maccaja in un’atmosfera da far west, il sordo rumore dei petardi lanciati a bieca intermittenza, il Ferraris semivuoto prima della tempesta. Sampdoria-Genoa o Genoa-Sampdoria che sia, resta uno spettacolo: blucerchiati ospitanti e Grifone a occupare la Nord lasciando i distinti a una coreografia da brivido organizzata dalla controparte, ribadendo al “perché ci lega un filo” con un sonoro “1893“ scandito dall’alternanza rossoblù e da una miriade di bandiere sventolanti alla base del drappo. Grandeur xeneise, per una gara che secondo Pino Flamigni vale quanto rapinare una banca: il problema sta essenzialmente nel fatto che chi esca sconfitto dalla stracittadina s’accorga poi di aver portato via solo carta straccia anziché denaro.
Sampdoria-Genoa, due partite in una
Il denaro è l’elemento fondamentale in Sampdoria-Genoa, partendo dall’escalation dell’istrionico Massimo Ferrero davanti ai giornalisti rei di avergli chiesto novità sulla cessione societaria e, implicitamente, su un suo possibile ultimo confronto del genere. La rivendicazione di chi su 10 derby ne ha vinti 6, avendone pareggiati 3 e perso uno solo (l’8 maggio 2016, in rete Pavoletti e doppietta di Suso), il grido scenografico di chi si può permettere la luce dei riflettori addosso. Idem Giampaolo, presentatosi in conferenza stampa col piglio dell’umile vincitore e la medesima ricetta di successo, da clonare: «una grande soddisfazione, negli ultimi tre anni non abbiamo conosciuto la delusione della sconfitta – le parole del tecnico di Bellinzona – questo risultato è stato raggiunto anche grazie ai miei giocatori e ai tifosi».
Semmai, al sesto incontro col Grifone, il suo terzo Sampdoria-Genoa, Marco Giampaolo ha estratto la maggior quintessenza della stracittadina: «il derby è una bolla, surreale, contiene due partite, una sul piano tecnico e una su quello emozionale. Su quest’ultimo si possono disperdere energie, in isterismi, ma se riesci a razionalizzare ti avvicini a quello che sei, ed è meglio». Vero, la Sampdoria ha accettato l’aggressività del Genoa ma ha mantenuto le sue caratteristiche originarie. A volte – per dirla con le parole di Giampaolo – la gara emozionale ha la meglio su quella tecnica, se la partita fosse diventata una corrida i blucerchiati avrebbero fatto fatica. Invece a loro è toccato il vestito da torero, e al Genoa il malcapitato compito di affievolirsi rabbioso come l’impeto di un bovino imbizzarrito.
Sampdoria-Genoa, speranze e sciagure
Cesare Prandelli, dopo aver fatto i complimenti ai tifosi e polemizzato su alcuni aspetti (sul primo gol di Sampdoria-Genoa vi sarebbe un fallo «plateale» su Cristian Romero, mentre il rigore concesso non sarebbe stato sovraccaricato dall’espulsione comminata a Biraschi), ha espresso la sua soddisfazione: «Vorrei giocare sempre questa partita, anche se c’è grande delusione e mi dispiace tantissimo. Il derby rimane nella nostra memoria, io lo so, ho capito perfettamente cosa vuol dire vivere questa partita». Episodi e Var al tavolo degli imputati, pure poca esperienza sottoporta, la sensazione di doversi conquistare una salvezza che paradossalmente i recenti ottimi risultati – per non parlare dei quattro punti ottenuti contro Juventus in casa e Napoli in trasferta – potrebbero aver allontanato.
Se per Armando De Regibus «una sconfitta nel derby a Genova diventa una sciagura con conseguenze catastrofiche», la marcia d’avvicinamento a Sampdoria-Genoa aveva tutta l’enfasi propria della gara che mette in palio la supremazia cittadina. Entusiasmo alle stelle, visite dei calciatori ai rispettivi hotel presso cui alloggiavano le squadre, frasi motivazionali da ambo le parti, la tacita calma – effetto placebo? – con cui almeno la metà rossoblù di Genova s’era posta nei confronti del derby della Lanterna numero 118. Un cauto ottimismo serpeggiava tra le ambizioni d’Europa, confermato dai commenti dinanzi i tornelli: «magari un pareggio», «ne abbiamo già perse molte», «la classifica è quella e i risultati pure», «lo vince chi segna prima».
Sampdoria-Genoa, stracittadina senza storia
A poco serve la motivazione. L’effetto ‘dodicesimo uomo’ tradizionalmente impresso non vale in un derby, quando la spinta è uguale a contraria a quella avversaria e anzi pendente verso i bluerchiati se è un Sampdoria-Genoa anziché un Genoa-Sampdoria, con tre quarti di Luigi Ferraris ornati dalle tonalità di Corte Lambruschini. «90′ di battaglia, lottate e onorate la maglia» è solo stato un messaggio disatteso, un grido d’allarme che la Gradinata Nord lanciava ancor prima che Calvarese fischiasse l’inizio delle ostilità. Così alla fine ai punti la vince la Sampdoria: possesso palla (52% contro 48), tiri (13 di cui 7 in porta, 6 rossoblù e solo la conclusione di Veloso nel primo tempo ha impegnato Audero), numero di passaggi (332 contro 216). Una tela intessuta troppo bene per rompersi.
La strada di Sampdoria-Genoa era chiara, ben prima che ambo le squadre si presentassero in campo per il riscaldamento con maglie raffiguranti la bandiera di San Giorgio – parte di un’iniziativa in concomitanza con la Festa della Bandiera – davanti a oltre trentamila anime. Nemmeno un giro di lancette e Kouamé si presentava pericolosamente dalle parti d’Audero, fuoco di paglia perché al primo affondo doriano la mira di Grégoire Defrél era migliore rispetto a quella dell’ivoriano originario di Abidjan. Grifone colpito a freddo, assist di Quagliarella e partita immediatamente in salita.
Sampdoria-Genoa, entusiasmo e crollo
Nel Sampdoria-Genoa di ieri l’effetto matrioska configuratosi è stato incredibilmente repentino. Quando poi il nervosismo prendeva il posto dell’agonismo, e alle conclusioni errate si sommava qualche intervento ruvido, s’era innescata una miccia impossibile da spegnere. Idee poche, fosforo ancor meno, il rientro negli spogliatoi al termine della prima frazione avrebbe dovuto rivitalizzare il Genoa che però è rientrato con gli stessi problemi dei primi 45′: così a conclusione dei primi cinque minuti un tocco con la mano di Biraschi in area rossoblù veniva sanzionato da Calvarese col penalty in favore dei bluerchiati e l’espulsione, ufficialmente in quanto chiara occasione da gol, del numero 14 di Prandelli.
Quando s’è capito che Fabio Quagliarella non avrebbe avuto intenzione di conceder sconti, tantomeno in un Sampdoria-Genoa valevole per la continuazione del sogno europeo oltre che la gratificazione derivante dalla classifica cannonieri, ormai la frittata era servita. Quattro cambi pseudo-conservatori decisi da Giampaolo e Prandelli (Jankto e Gabbiadini inseriti dal primo, Lerager e Sanabria dal secondo) non hanno smorzato la partita dalla sua natural tendenza a scorrere verso la conclusione, solo l’ingresso di Favilli avrebbe movimentato qualcosa senza però che si potesse riparar ai danni. Restavano solo punti interrogativi, l’ineffabile ossessione di una stracittadina che al Genoa manca da tre anni.
Sampdoria-Genoa, un bilancio impietoso
Il Sampdoria-Genoa di ieri sera era il 118° derby della Lanterna, 72° in Serie A tra i quali i bluerchiati ne avevano vinti 27 (17 affermazioni rossoblù e 27 pareggi). Eppure, i numeri parlavano chiaro: la Sampdoria ha perso solo il 24% delle partite contro il Grifone, uscendo indenne negli ultimi cinque derby. Col successo di ieri, i blucerchiati hanno eguagliato il record risalente al 1994, ovvero l’ottenimento di punti in sei gare consecutive contro il Genoa. Detto di un fattore casa nettamente a favore dei ragazzi di Giampaolo – l’unica squadra ad aver ottenuto otto vittorie su otto quando passata in vantaggio tra mura amiche – il Genoa era riuscito solo in un’occasione (il pari a reti bianche contro il Chievo, datato 24 febbraio) a mantenere inviolata la porta di Radu in trasferta in tutto il campionato.
Un vero e proprio bilancio impietoso, che aiuta a comprendere i motivi dell’esito di Sampdoria-Genoa ancor meglio degli undici punti (oggi divenuti 14, ironia della sorte il numero di maglia di Davide Biraschi). Così Fabio Quagliarella ha raggiunto col rigore realizzato 22 reti in questa Serie A, imitando Vincenzo Montella nel 1996/97 e raggiungendo un nutrito gruppo (Éder, Damiani, Pavoletti e Vialli) a quota tre marcature nel derby della Lanterna. Infine, un dato eclatante: l’unico calciatore nella rosa del Genoa ad aver segnato alla Sampdoria è Goran Pandev, che il 14 settembre 2008 andò in gol quando ancora vestiva la maglia della Lazio. Sono trascorsi undici anni da allora e nel frattempo pure la figura di Krzysztof Piątek resta un miraggio.
Ecco di seguito il tabellino:
Sampdoria (4-3-1-2): Audero; Sala (dall’83’ Bereszynski), Andersen, Colley, Murru; Praet, Ekdal, Linetty (dal 57’ Jankto); Ramírez; Quagliarella, Defrel (dal 71’ Gabbiadini). All: Giampaolo. A disp: Belec, Rafael, Ferrari, Tonelli, Tavares, Vieira, Saponara, Caprari, Sau.
Genoa (3-5-2): Radu; Biraschi, Romero, Criscito; Pereira, Rolón (dal 55’ Lerager), Veloso, Bessa (dal 77’ Favilli), Lazović; Pandev, Kouamé (dal 72’ Sanabria). All: Prandelli. A disp: Jandrei, Marchetti, Günter, Zukanović, Lakićević, Pezzella, Mazzitelli, Radovanović, Lapadula.
Reti: 3’ Defrel, 53’ rig. Quagliarella. Ammoniti: Linetty, Gabbiadini (S), Criscito, Pandev, Romero, Veloso, Lerager (G). Espulso: 51’ Biraschi (G). Arbitro: Calvarese.