(Post Genoa-Roma, da Genova) «Il rigorista designato, quando titolare, è Sanabria. Nelle ultime partite però ha avuto dei problemi, dunque senza di lui il primi rigorista è stato Criscito. Oggi Mimmo gli ha lasciato il pallone, si sono messi d’accordo tra loro, certo è che non c’è da criticare Sanabria, i rigori si possono anche sbagliare». Nel mentre un pianto collettivo faceva capolino nello spogliatoio del Genoa, Cesare Prandelli estraeva la spada dal fodero per difendere la sua squadra al termine di una gara da cardiopalma. Una di quelle partite sornione, che sembrano non volersi sbloccare, restare aggrappate a una componente aleatoria fino a quando non si scatena un’effervescente catena: vantaggio romanista con El Shaarawy – alla quarta rete contro la squadra nel cui vivaio crebbe e vinse campionato, Coppa e Supercoppa Primavera (tra 2009 e 2010) -, risposta palesatasi sotto forma di un imperioso stacco di testa del probabile prossimo juventino Cristian Romero, parapiglia finale con un calcio di rigore assegnato al Genoa da Mazzoleni.
A questo punto va precisato che l’1-1 finale, dato l’errore dal dischetto di Tony Sanabria, sia lo stesso risultato maturato il 26 novembre 2017, quando De Rossi fu espulso e il Genoa seppe pareggiare il vantaggio romanista (anche all’epoca El Shaarawy in gol) con un calcio di rigore realizzato da Lapadula. Proprio il numero 10 si sbloccò – la scorsa travagliata annata – con quel rigore ai giallorossi. Contro altri giallorossi si presentò dal dischetto (il Benevento, al minuto 92) e portò i tre punti al Genoa. Segnò dagli undici metri pure alla Spal, salvo concludere in crescendo la sua prima stagione all’ombra della Lanterna: il 3 aprile 2018 festeggiò la prima marcatura su azione (un colpo di testa contro il Cagliari), il 18 dello stesso mese dimezzò lo svantaggio all’Olimpico contro la Roma (2-1), il 6 maggio trafisse Sportiello col sinistro. Pareva destinato comunque a lasciar Genova in estate, l’italo-peruviano ex Pescara, poi a conti fatti restò. Ma si trovò davanti la scomoda concorrenza di un tale Krzysztof Piątek.
Genoa-Roma, tra Gasp e Fetfatzidis
L’immagine del lob appoggiato dietro a Skorupski da Giannis Fetfatzidis al minuto 83 del 18 maggio 2014 resterà almeno per qualche mese lì, fissa alla parete, nell’attesa che il calendario prossimo sveli la data di un Genoa-Roma nel quale i rossoblù potranno tentar di sovrascrivere alla prodezza del trequartista ellenico originario di Drama una qualche vittoria sui capitolini. A Genova, la Roma non ha però sempre avuto vita facile: dal ritorno in A dei rossoblù, nel 2007, i primi sette precedenti avevano visto ben cinque successi genoani. Ognuno marchiato da una fotografia: una doppietta di Diego Milito nel settembre 2008, un epico 3-2 nell’agosto 2009 con una pennellata da calcio piazzato di Alberto Zapater, il tap-in di Juraj Kucka all’89’ nell’ottobre 2011, il «PaPaPaPa» del 20 febbraio 2011 (doppiette di Palacio e Paloschi a ribaltare lo 0-3 del primo tempo marchiato giallorosso, con tanto di dimissioni di Claudio Ranieri nel post-gara).
L’ultimo festeggiamento genoano risale al 2014, con Gasperini in panchina e soprattutto le sperimentazioni che l’anno successivo avrebbero regalato un Genoa da Europa League. Un’ipotetica chiusura del cerchio la si può trovare nello striscione apparso ieri in Gradinata Nord, «Belin come gioca bene l’Atalanta». Detto di una contestazione alla presidenza Preziosi che non sembra conoscer fine, c’è però da registrare la risposta del mister di Grugliasco, compiaciuta: «Quando allenavo io il Genoa, venne esposto uno striscione dedicato a Marco Borriello con sopra scritto Belìn Belen…». Prima di un ulteriore segnale d’affetto: «Io tiferò Genoa, lo tifo sempre. Quasi sempre tranne quando gioca contro di me».
Genoa-Roma, la pacatezza di Ranieri
Il 5 maggio 2016, Claudio Ranieri aveva appena ricevuto un premio di oltre 5 milioni di sterline per la vittoria della Premier League. Avrebbe offerto ai giornalisti un bicchiere di champagne, presentatosi in conferenza con venti bottiglie di Moet & Chandon, annunciando altresì la presenza di Andrea Bocelli al King Power Stadium per la festa. Tre anni dopo, esautorato senza troppa gratitudine dalle Midlands e con qualche esperienza alle spalle tra Nantes e Fulham, eccolo nuovamente alla guida della “sua” Roma. La Roma di chi quattro giorni fa fu immortalato col nipotino in giro per Trigoria, quasi fosse un obbligo la trasmissione della romanità.
La Roma di chi, nelle segrete del Ferraris, esordiva: «Sapevamo che il Genoa si sarebbe chiuso nella metà campo e avrebbe agito con palle lunghe ad attaccanti veloci. Ero relativamente sereno, dovevamo essere più attenti. Sapevamo dei saltatori. Sapevamo di Romero, al quarto gol segnato se ricordo bene. Loro ne avevano già fatti undici su punizione. Peccato per i punti ma lotteremo fino in fondo». Nonostante le reti stagionali di Romero siano sole due – l’altra realizzata il 28 ottobre all’Udinese – Ranieri non poté che aggrapparsi al punticino: «Fortunatamente abbiamo parato il rigore, sennò dall’avere tutto all’avere nulla sarebbe stato peggio».
Genoa-Roma, macerie di Grifone
«La spinta dei tifosi è stata meravigliosa, ci hanno aiutato tantissimo. Non siamo stati soli, abbandonati, sembra una banalità ma avevamo la nostra gente: complimenti ai tifosi, questa è una piazza che col loro affetto può davvero fare bene. La prestazione è stata grande, potevamo mettere la ciliegina all’ultimo minuto ma resta la fiducia». Anche su Lapadula, Cesare Prandelli ha speso parole d’orgoglio. Si può sbagliare, certo. Ai punti, probabilmente il suo Genoa avrebbe meritato la vittoria. A numero di tiri, anche (18 a 14 , rispettivamente 5 e 4 nello specchio). La sensazione di una mancanza di lucidità sottoporta – già espressa pacificamente dallo stesso Prandelli al termine della sconfitta casalinga patita al cospetto del Torino – si fa però sentire.
Paradossalmente, dopo la cessione di Piątek pare che manchi cattiveria e – peggio – se anche Sanabria che pareva aver ingranato immediatamente oggi ha toccato l’apice discendente del suo climax rossoblù, la situazione è dura. Peraltro i titolari scelti da Prandelli erano per l’appunto Lapadula e Kouamé: il primo ha avuto cinque palle-gol ma non è riuscito a capitalizzarle, restando attaccato all’estetica tecnica di una mezza rovesciata che nel novembre 2017 fu eletta a specchio di un derby perso da Ivan Jurić anche a causa di quell’errore, una pecca, una mancanza di pragmatismo. Aggiungendo che da inizio 2019 il Genoa abbia segnato sole dodici reti, con ben otto gare su sedici a secco, il problema è grave. L’Empoli ha strappato due punti ai rossoblù e la Sampdoria potrebbe incontrare i sopracitati toscani con una minor concentrazione sapendo di inguaiare i concittadini. Dinamiche sottili. Ma che a Genova pesano.
Ecco di seguito il tabellino della gara:
Genoa (3-5-2): Radu; Romero, Radovanovic, Zukanovic; Biraschi, Lerager (dal 83′ Sanabria), Bessa (dal 93′ Rolón), Veloso, Criscito; Lapadula (dal 73′ Pandev), Kouamé. All: Prandelli. A disp: Marchetti, Jandrei, Lakićević, Günter, Pezzella, Pereira, Schäfer, Lazović, Dalmonte.
Roma (4-2-3-1): Mirante; Florenzi (dall’89’ Karsdorp), Manolas, Fazio, Kolarov; Cristante, N’Zonzi; Zaniolo (dal 70′ Kluivert), Pellegrini (dal 66′ Schick), El Shaarawy; Dzeko. All: Ranieri. A disp: Fuzato, Olsen, Marcano, Juan Jesus, Ćorić, Pastore, Ünder.
Reti: 82′ El Shaarawy, 90’+1 Romero. Ammoniti: Rolón (G), Zaniolo, Kluivert (R). Arbitro: Mazzoleni.