Ecco le 10 cose (più una) che resteranno di Lazio-Juventus.
- La Juventus non è mai sazia e ha imparato a gestire le partite
Lo scorso anno l’avvio stentato aveva illuso gran parte della Serie A facendo pensare ad una Juventus finalmente (per la concorrenza) sazia. Niente di più sbagliato. Il quinto scudetto di fila ha fugato qualsiasi dubbio. Quest’anno i bianconeri hanno deciso di mettere le cose in chiaro sin da subito. L’obiettivo non è solo la Champions ma anche il sesto titolo consecutivo in Italia. Fiorentina e Lazio non erano certo un banco di prova facile specialmente in avvio di stagione quando le gambe sono ancora imballate, i nuovi si devono ancora inserire, i meccanismi provati e riprovati in ritiro devono essere ancora oleati e le trappole sono dunque disseminate in ogni parte del campo. Risultato, la squadra di Allegri ha portato a casa il bottino pieno. Non senza fatica certo. Ma dimostrando una grande intelligenza soprattutto nella gestione della partita. Sia con i viola che con i biancocelesti la Juventus è partita dosando le forze e stringendo i denti all’occorrenza per colpire poi quando ha deciso che era il momento di colpire fino a concludere amministrando ed addormentando la partita. Ricetta giusta per portare a casa i tre punti. Insomma, una Juventus per altro neanche al completo ha fatto esattamente quello che fanno le grandi squadre. A chi potrebbe obiettare che la Fiorentina e la Lazio viste con i bianconeri sono squadre toste si ma ancora profondamente incomplete, c’è da chiedere: sicuri che contro la Roma, il Napoli od il Milan di questo avvio di stagione il risultato sarebbe stato diverso?
2. Se gli esterni non volano la Lazio non decolla
Certo è che tirando le somme la Lazio ci ha messo del suo. Quella di Inzaghi è apparsa squadra solida e ben messa in campo anche in virtù degli innesti di Bastos e Lulic. Tuttavia ha dimostrato una certa timidezza, per non volerla chiamare confusione, negli ultimi sedici metri (facciamo anche venti). Nonostante la caparbietà e la voglia di Immobile è evidente che per decollare la Lazio ha bisogno dei lampi negli ultimi sedici metri dei vari Felipe Anderson, Kishna e di Keita o di chi lo sostituirà. Se non si accenderanno loro difficilmente si accenderà la stagione della Lazio.
3. Anche perché Biglia è tanto indispensabile quanto scolastico
Il regista argentino è uno di quei giocatori che quando non c’è si nota ma quando c’è diventa quasi irritante. Da lui ti aspetti il guizzo, la giocata ingegnosa che taglia in due il campo e la partita. E invece no. La regia è spesso scolastica e difficilmente in grado di imprimere il cambio di ritmo. La verticalizzazione è un concetto quasi sconosciuto e la cosa che urta ancor di più è che quando finalmente il capitano laziale decide di passare il pallone per lungo anziché per largo la Lazio si rende sempre pericolosa. Senza voler scomodare mostri sacri come Veron, nella storia recente dei biancocelesti c’erano giocatori come Liverani e Ledesma che magari sbagliavano qualche giocata in più dell’argentino ma che il pallone lo facevano filare che era una meraviglia.
4. Pogba? Quello indispensabile è Khedira
Il tedesco rischia di diventare il giocatore più sottovalutato della storia (almeno di quella juventina di questo ultimo biennio). Gli infortuni muscolari di certo non lo aiutano tenendolo spesso e volentieri lontano dal campo di gioco. Però quando c’è la differenza, per la Juve, si vede e come. A prescindere dai due gol messi a segno in altrettante partite di questo campionato. Il tedesco copre, imposta e ha quel dono di pochi: il tempo dell’inserimento. Quello per intenderci che fa le fortune di molti allenatori. Ci sono giocatori più appariscenti tutti doppio-passo e colpi di tacco. Poi ci sono i giocatori indispensabili per dare equilibrio ad una squadra. Come Khedira appunto.
5. Poi certo, ma che difesa è quella bianconera?
Resta poi il fatto che quando una squadra può contare su una difesa solida come quella bianconera il più è fatto. L’adagio recita che le partite si vincono a centrocampo. Vero. Ma le partite si vincono anche non prendendo gol. Cosa che alla Juventus riesce spesso piuttosto facile. A prescindere dagli interpreti.
6. Bastos sembra poter aggiustare i problemi difensivi della Lazio
Non si può certo dire la stessa cosa della difesa della Lazio. Quella biancoceleste della scorsa stagione è stata una retroguardia da incubo. Vero che De Vrij è mancato praticamente per tutta la stagione. Resta il fatto che nessuno dei difensori passati per Formello è parso però all’altezza di fare anche semplicemente da comparsa. Figuriamoci da spalla all’olandese. Ora invece è arrivato Bastos. Certo, una rondine non fa primavera. Ma i novanta minuti dell’esordio sono stati contro la Juventus e l’ex Rostov ha retto alla grande. Andatevi a guardare la chiusura da applausi nell’uno contro uno con Higuain. Considerato anche l’innesto di Lukaku, forse Inzaghi potrà dormire qualche sonno tranquillo in più.
7. Se i piedi di Lulic fossero educati forse parleremmo di un top player
Il dinamismo ed i polmoni del bosniaco sono vitali per la Lazio. Molto meglio la squadra con lui in mediana rispetto a quella con lo statico e macchinoso Milinkovic-Savic. L’unico problema di Lulic è che a forza di recuperare palloni poi è costretto anche a giocarli. Ed è un eufemismo dire che i piedi del numero 19 laziale non sono educati. Anche perché in caso contrario staremmo probabilmente parlando di un top player.
8. La panchina fa ancora la differenza
Non è dunque un caso se il gioco e la tenuta della Lazio hanno risentito dell’uscita di Lulic. Perché c’è poco da fare, la lunghezza e la qualità della panchina fanno ancora la differenza. Specialmente nel calcio bagnato dal sole di agosto. Così mentre Allegri sostituiva Mandzukic, Dani Alves e Dybala con Higuain, Lichtsteiner e Pjaca, Inzaghi richiamava Lulic, Lukaku e Basta per mandare in campo Milinkovic-Savic, Patric e Djordjevic. E’ necessario aggiungere altro?
9. Inzaghi si sta dimostrando un discreto allenatore (ed un gran signore)
Nonostante però il materiale a disposizione non sia propriamente di primissimo livello c’è da dire che Inzaghi non dispiace. E non ci limitiamo a fare la considerazione per quanto visto in queste due partite, ma ci mettiamo anche la coda finale della scorsa stagione. Ritornando però alla partita dell’Olimpico ci piace sottolineare due cose. Il primo è un aspetto di costume: l’educazione dimostrata nell’indossare la giacca durante il minuto di silenzio in ricordo delle vittime del sisma del 24 agosto. Il secondo, forse quello che interessa di più a chi legge, la versatilità tattica che lo ha portato ad abbandonare il tanto caro 4-3-3 per un 3-4-3 (un 3-5-2 in fase di ripiegamento con l’arretramento di Lulic) più consono per affrontare una corazzata come la Juve e che infatti ha creato qualche problema ai bianconeri. Non solo, c’è da dire che sia a Bergamo che contro Madama il mister ha dimostrato di saper leggere correttamente la partita in corso. Si veda il passaggio alla difesa a cinque contro l’Atalanta o l’inserimento della torre Milinkovic per dare supporto al povero Immobile contro il muro bianconero. Insomma, stile e competenza. Il ragazzo si farà.
10. Che bello è quando c’è tanta gente
Finalmente nella capitale le tifoserie sembrano aver deciso di tapparsi il naso e mettere da parte le sterili polemiche sulle barriere divisorie in curva. E la cornice di pubblico, sia per la Roma che per la Lazio, è finalmente tornata degna di una partita di Serie A.
Ah, quasi dimenticavamo. Bonucci sabato all’Olimpico non c’era per motivi familiari. Un grosso in bocca a tutta la sua famiglia!