Il derby di Atene, una partita da vivere

Atene, capitale europea della cultura. A ridosso delle mura volute da Pericle e fortificare la zona de Il Pireo-Faliro e proseguendo sulla strada che conduce all’Acropoli, si respira un’aria di storia. Qui son nate la filosofia, la democrazia, il pensiero politico. E si sa, i greci da sempre sono caratterizzati da una forte competitività, specie nello sport. Vengono da qui le Olimpiadi, cui in fondo nessuno prima di loro aveva pensato. Il punto è che, in settimana ancor più rispetto agli altri giorni, Αθήνα risulta radicalmente divisa grossomodo in due zone: quella de Il Pireo, il porto della città, e quella del comune vero e proprio facente capo al Partenone. La prima è il covo dell’Olympiakos, la squadra del popolo, dei mercanti, degli stranieri che approdavano nella parte bassa della città quando i capitali pompati dagli armatori offrivano lavoro ai portuali e ai carpentieri della periferia. La seconda, la tana del Panathinaikos, letteralmente “il club di tutti gli ateniesi”, quello aristocraticamente voluto da Giorgos Kalafatis, che nella mentalità comune rappresenta la parte nobile della capitale.

Frutto di una simile astrazione, la Super League greca patisce una divisione che lambisce ogni aspetto della vita quotidiana. Non è un derby come tanti, è una rivalità carnale. “Vorrei batterli anche se si trattasse di una partita a ping pong, li detesto” mi raccontò un tifoso dell’Olympiakos, dicendosi pronto a ogni cosa pur di battere il Panathinaikos. “Se mettessimo nelle nostre vite professionali la metà dell’energia con cui tifiamo la nostra squadra, sicuramente vivremmo meglio e avremmo stipendi migliori” continuò, con una disarmante genuinità. Il concetto è che pure la stampa greca aggiunge benzina all’incendio, propagando nell’aria il fumo con due particolari accezioni. La prima è Ντέρμπι των αιωνίων αντιπάλων, il derby degli antichi nemici, la seconda Μητέρα των μαχών, “la madre di tutte le battaglie”. C’è poi in ballo una non trascurabile componente storica: a Il Pireo raccontano di come Atene avesse impunemente inglobato la loro zona solo per trarre i vantaggi dall’economia portuale – oggi pulsante grazie ai capitali cinesi – mentre dall’Acropoli controbattono ribaltando la prospettiva, asserendo che anzi sarebbe Il Pireo ad essersi avvicinato al cuore della capitale greca pur di goderne dei benefici capillari.

Derby Atene 4
Fonte: Gazzetta.gr

 

Atene divisa: Olympiakos e Panathinaikos

Urbanistica a parte, quello che risalta maggiormente agli occhi è il tifo. Quello dell’Olympiakos mantiene un’identità nascosta, frequenta la periferia e combatte l’ostentazione della ricchezza altrui: stesso punto – ma rovesciato – è quello che il popolo del Panathinaikos ha rinnegato. Del resto, vi avevamo raccontato come i biancoverdi d’Atene non se la passassero particolarmente bene: i numeri di Transfermarkt parlano di 63 milioni contro 17, oltre tre volte e mezzo l’uno il valore dell’altra. Ma il calcio è imprevedibile e così, fino al 94′ di domenica sera, il Panathinaikos si concedeva il lusso di condurre il derby d’Atene per 0-1, in un Giorgos Karaiskakis completamente gremito. E se domenica mattina Kostas Karapapas – responsabile dell’ufficio stampa dell’Olympiakos – annunciava su Instagram che mancavano soli 1500 biglietti al sold-out dell’impianto (oltre 33mila), sul terreno di gioco lo spettacolo non è stato certamente il massimo.

L’Olympiakos che in settimana aveva travolto il modesto Dudelange per 5-1, sempre al Karaiskakis, ha lasciato spazio a una controfigura opaca. Nel giovedì sera d’Europa League peraltro Torosidis aveva segnato di tacco e a Lazaros Christodoulopoulos era riuscita una meravigliosa rete in rovesciata, ma Pedro Martins ha scelto di tenere in panchina entrambi i volti noti al calcio italiano (il terzino ex Roma e Bologna, il centrocampista ex Bologna, Hellas Verona e Sampdoria), servendosene solo a gara in corso. Mossa azzeccata solo in parte, perché se l’idea prevedeva uno spazio da protagonista lasciato al trequartista Kostas Fortounis, in grande spolvero e nel miglior periodo di forma della sua intera carriera secondo gli editoriali pubblicati dall’influente Gazzetta.gr, alla fine è stato un mezzo fiasco. A testimonianza di quanto detto vanno le immagini, col caldissimo Θύρα 7 (il Gate 7, cuore della tifoseria organizzata biancorossa) a rifiutare l’applauso dei calciatori recatisi sotto la curva. Un gesto iconico, che però fa capire la portata della contestazione: non è piaciuta la performance della squadra, che solo al minuto 95′ è riuscita ad acchiappare un pari per testardaggine, grazie al difensore Cissé, in un finale turbolento come al solito.

Derby Atene 2
Fonte: Gazzetta.gr

 

Poco spettacolo ad Atene

«Non riesco a spiegare cosa sia successo. Abbiamo avuto il controllo totale della gara, abbiamo avuto il possesso palla, abbiamo avuto un sacco di occasioni dalla nostra ma abbiamo segnato una sola volta nel finale, un gol che però non ci fa ottener la vittoria». Per il portoghese Daniel Podence è stata la prima stracittadina d’Atene, visto che s’è trasferito in Grecia l’estate scorsa salutando lo Sporting Lisbona. La sua partita non è stata positiva come in altre occasioni, probabilmente per lui così come gli altri volti nuovi (tipo Hassan, che aveva segnato a Panionios, Aris e Dudelange nelle ultime tre partite) c’è stato uno scotto emotivo non da poco. «Abbiamo combattuto fino all’ultimo minuto, abbiamo segnato una rete che non meritavamo ma non siamo stati fortunati. Nel calcio può succedere, dobbiamo guardare avanti» ha concluso Podence. Sulla stessa linea d’onda il commento dell’allenatore e connazionale Pedro Martins, che però tra le polemiche (specie quelle su un presunto rigore non concesso all’Olympiakos) ha sentenziato una frase importante. «Voglio dire che partite come questa possono offrire molto al calcio greco, in termini di qualità e della rivalità che esiste tra queste squadre» s’è confidato ai giornalisti, prima di passar la parola a Cissé che s’è definito frustrato («Dovevamo vincere»).

Il bollettino post stracittadina è più chiaro che mai: per la quarta volta di fila il Panathinaikos esce imbattuto da un derby e per l’ennesima volta mette in mostra un carattere non da poco. L’ultima volta che i «πράσινοι» assaporarono una sconfitta era il 6 novembre 2016, quando «ο Θρύλος» sconfisse i rivali cittadini per 3-0 in casa propria. Da allora, due vittorie biancoverdi al Leoforos (o Apostolos Nikolaidis) e altrettanti pareggi al Karaiskakis. Un ruolino di marcia che fa esultare i «τριφύλλι» del Panathinaikos, che hanno capitalizzato il massimo: negli ultimi 4 derby, sole sei reti segnate e mai più di una per partita dalla stessa squadra. Segno – ulteriore – di come la tensione assottigli ulteriormente il margine a disposizione delle due parti. A tal proposito giova sottolineare che la partita era inizialmente in programma per le 19:30, ma sia stata posticipata alle 20 per via dell’intenso uso di fumogeni e petardi nella zona circostante lo stadio de Il Pireo. La cortina di fumo s’è repentinamente diretta verso l’interno dell’impianto offuscando la visibilità, rendendo il ντέρμπι ancor più vissuto ma di fatto obbligando il fischietto svizzero Adrien Jaccottet ad attendere che le nubi si diradassero.

Derby Atene 1
Fonte: Gazzetta.gr

 

 

Paura e agonismo ad Atene

Alla fine, i cartellini estratti sono stati soli cinque. Netta controtendenza rispetto al derby del 4 marzo scorso, quando finì sempre 1-1 ma l’arbitro Angelos Evangelou fece abbastanza fatica a controllare la gara. In quell’occasione il direttore di gara – un greco, abbastanza curiosa come scelta visto che la Federcalcio preferisce affidarsi ad arbitri stranieri per via di una maggior imparzialità – estrasse dal taschino quattro cartellini gialli e un rosso diretto, ebbe da assegnare un calcio di rigore all’Olympiakos e uno al Panathinaikos (entrambi trasformati, da Fortounis e Mounier). Così, detto di una direzione criticata dai biancorossi cui mancherebbe un rigore, resta da elogiare le poche peculiarità che il calcio greco ha offerto. Un difensivismo spinto, incarnato dal 5-4-1 di Giorgos Donis con cui veniva blindato lo schieramento in virtù di un sostanziale isolamento offensivo cui era relegato Federico Macheda. Ma anche 90′ di fiammate, tra tutte quella con cui l’albanese Ergys Kaçe, 25 anni da Coriza, in prestito dal PAOK, al minuto 61 ha piazzato il gol del provvisorio vantaggio con una potente conclusione

Il tipico agonismo ellenico ha preso il posto dello spettacolo, falli e cartellini hanno progressivamente preso piede, poi al 49′ il portiere del PanathinaikosSokratis Dioudis – è entrato duramente in contatto con Natcho sbattendo la testa e perdendo conoscenza. Il Karaiskakis ha trattenuto il fiato, le immagini dell’estremo difensore immobile a terra hanno fatto pensare al peggio ma le ultime notizie vedrebbero Dioudis in ospedale. Dopo i controlli di rito verrà dimesso, stando ad alcune ricostruzioni avrebbe rimediato una commozione cerebrale perdendo i sensi, ma sarebbe stato trasportato in barella semi-cosciente e nel tragitto verso l’ospedale avrebbe chiesto di poter rientrare in campo.

Derby Atene 3
Fonte: Gazzetta.gr

 

Derby di Atene, lo specchio della Super League

Tra la crisi economica che non sembra voler allentare la presa e una situazione che vede il popolo greco scendere spesso e volentieri in piazza a protestare, anche il mondo del pallone in terra ellenica non sta vivendo il suo miglior periodo. Il campionato, già storicamente minore, vede quest’anno i club più titolati arrancare in Champions (AEK) e faticare in Europa League (il PAOK ha perso due volte col Vidi, l’Olympiakos che batté la Juventus al Karaiskakis, quattro anni fa, è anni luce lontano da oggi…), i pochi stranieri presenti in Super League fuggono da una realtà a tratti insostenibile. Prima di firmare i contratti vengono avvisati di prestar la massima attenzione alle postille, quando scendono in campo i tifosi sono sempre meno. Solo i derby riescono a catalizzare l’attenzione, in un campionato caratterizzato da sospetti di corruzione e combine. La città di Atene, in quanto capitale, vive puntualmente la tensione delle stracittadine con la sua anima intrinsecamente divisa tra Olympiakos e Panathinaikos, escludendo che l’epicentro dell’AEK è concentrato nel sobborgo di Nea Filadelfia. La stessa nazionale vive un periodo di grande povertà di talento dopo aver mancato la qualificazione all’Europeo in Francia e al Mondiale 2018, proprio mentre il tempo ricorda gli anni passati dal trionfo di Euro2004 e le gesta ammirate in Brasile 2014, quando la squadra di Fernando Santos ottenne il miglior piazzamento della sua storia (ottavi di finale raggiunti, con i quarti intravisti e svaniti col rigore sbagliato da Gekas contro la Costa Rica).

Se Atene è lo specchio di tutto questo, lo spauracchio di un derby povero fa parte della realtà. «Per i tifosi è più di un derby, è religione» raccontò alla BBC l’ex portiere del Panathinaikos, Luke Steele. C’è da credergli.