Crisi Malaga, sprofondo senza fine

È sempre un problema stabilire delle coordinate temporali certe, ma pare che la prima volta in cui La Rosaleda abbia cantato il coro «Al Thani vete ya» sia stata domenica 15 ottobre 2017. In quell’occasione il Leganés banchettò comodamente in casa dei Boquerones, affermandosi semplicemente grazie alle reti di Gabriel e Alexander Szymanowski, e il pubblico di fede malagueña non si fece problemi a far presente al presidente tutto il dissenso che era nell’aria. Già, perché lo scorso anno la crisi Malaga è letteralmente crollata a picco, risucchiato dalla retrocessione in Segunda División in virtù del fatto che, a partire dalla terza giornata de La Liga, aveva occupato gli ultimi tre posti senza mai riuscire a passare una sole giornata da virtualmente salvo. Un fracaso che la stampa iberica non marcò di sottolineare, ricapitolando brevemente il percorso che in cinque anni aveva portato i quarti di Champions League a divenir battaglia per la salvezza, dunque crollo totale caratterizzato da arrendevolezza e gestione societaria rivedibile. Del resto per Abdullah bin Nasser bin Abdullah Al Ahmed Al Thani, alias «el Sheikh Fichador», i soldi non erano un problema: l’11 giugno 2010 pagò 26 milioni a Fernando Sanz per rilanciare le ambizioni della crisi Malaga «facendone uno dei club più importanti di Spagna e d’Europa», nell’estate 2011 diede forma ai sogni dei tifosi (van Nistelrooy, Mathijsen, Sergio Sánchez, Joaquín, Buonanotte, Isco, Monreal, Toulalan e Cazorla) salvo progressivamente cedere.

Così lo sceicco qatariota, facente parte del cda della Boha Bank, s’indispettì quando il comune di Málaga si oppose ad alcuni suoi progetti per la riqualificazione del porto di Mirabella. Quei 400 milioni già in procinto di esser investiti nel nuovo progetto si tramutarono nell’acqua di guerra, prontamente dissotterrata: Al Thani cominciò a vendere calciatori, affidando a Pellegrini una rosa ferita che tuttavia diede ancora alcune soddisfazioni. Negli anni, poi, sarebbe subentrata la monotonia e la crisi Malaga: sesto, undicesimo, nono, ottavo, ancora undicesimo e ventesimo posto, tutti in sequenza, culminata con la retrocessione. Aveva cambiato strategia, il cugino del presidente del Paris Saint-Germain Hamad Al Thani: tagliò tutti i calciatori con stipendi maggiori di 3 milioni di euro, varò un nuovo corso fatto d’austerity e mise a dura prova la competenza del ds Mario Husillos, che fu incaricato di cercare solo elementi a parametro zero. Ma la crisi Malaga è proseguita.

Crisi Malaga
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Crisi Malaga, la contestazione ad Al-Thani

Detto del coro «Por dignidad, Al-Thani vete ya», c’è da sottolineare un’altra presa di posizione nella crisi Malaga. Era il 19 maggio quando La Rosaleda salutò mestamente la squadra e La Liga, perdendo comunque contro il Getafe grazie a un gol di Loïc Rémy. Fuori dallo stadio, e più in generale spargendosi per le vie di Málaga, la contestazione s’era diramata in modo preoccupantemente isolato. Dei 25mila abbonati blanquiazul, solo circa trecento erano quelli scesi per strada a intonare cori contro la dirigenza, considerata la reale responsabile del crollo per via della decisione dello sceicco Al Thani di chiudere i rubinetti dinanzi la crisi Malaga. Così, senza muovere un ciglio ma solo facendosi trasportare dagli eventi, galleggiando in un mare destinato a portare i Boquerones a riva al pari di un relitto impotente, inerme, lasciato in balia delle onde, il corteo era partito da Plaza de la Constitució e aveva raggiunto La Rosaleda in tempo per manifestare il dissenso. Di qui la marcia proseguì imperterrita, alle 17:20 partì in direzione Martiricos, percorrendo Calle Cisneros e Avenida de La Palmilla. Le loro ugole trasudavano monotonia: «Málaga somos nosotros», «Husillos, vete ya», «¿Al-Thani, dónde está?», «Jugadores, mercenarios», «Esa camiseta, no la merecéis», «¡Un tiro a puerta, queremos un tiro a puerta» e «Los mercenarios se tienen que marchar». Gli unici calciatori salvati dai fischi erano ben pochi: Lestienne, En-Nesyri, Ideye, Keko e Portillo. Tra i più attaccati, Juanpi, Rosales e Miguel Torres. Entrati allo stadio per la partita, hanno atteso i minuti finali per cantare a voce spiegata l’inno della loro squadra, promettendo: «Dobbiamo riempire lo stadio l’anno prossimo, poi aggiungeremo l’obiettivo di essere 25mila abbonati la prossima stagione, perché i tifosi sono la principale risorsa del Málaga CF». Il club era matematicamente retrocesso il 19 aprile, in virtù della sconfitta contro il Levante (gol di E. Boateng al 93′), e i Blanquiazul avevano pure rotto il record di sette sconfitte consecutive riuscito a Juande Ramos nella stagione 2003/04. E ancora crisi Malaga.

La Champions League di cinque anni fa resta un miraggio, unico e abbagliante, coperto oggi dalla crisi Malaga. Restavano sole scorie, memorie imperiture di un passato irripetibile: «Málaga es un polvorín» ripeteva spesso la stampa spagnola, facendo capire come di lì a poco i sogni dei biancazzurri si sarebbero interrotti, crollando rovinosamente al suolo. E infatti il 2017/18 è stato l’annus horribilis: 28 sconfitte su 38 – 5 vittorie e altrettanti pareggi – con 24 reti segnate e 61 subite. Un disastro: otto ko nelle prime 9 sfide de La Liga, illusorio pari pirotecnico a La Rosaleda contro l’Athletic Bilbao (3-3) e il ritorno nella mestizia. Una sola vittoria dal 18 dicembre ad aprile, poi dopo la 19° giornata ecco l’avvicendamento in panchina. Via Míchel, che l’11 marzo 2017 prese la panchina e traghettò a fine stagione la squadra, dentro José González. L’ex tecnico di Olympiakos e Olympique Marsiglia aveva lasciato la crisi Malaga al penultimo posto, il subentrante resterà sempre sul fondo de La Liga, colato a picco. Ex giocatore biancazzurro nel 1995/96, González capì che ormai gli ormeggi erano stati mollati e dunque non poté far nient’altro che rassegnarsi: «El Málaga volverá a estar donde se merece».

Crisi Malaga
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Crisi Malaga, nomi e numeri

A conti fatti, il modello crisi Malaga è stato caratterizzato da due volti. Quello spendaccione inaugurato dai quasi 60 milioni investiti nell’estate 2011, quello risparmiatore e oculato che ha dissanguato il talento presente a La Rosaleda. Nel 2011 il Villarreal ricevette 23 milioni per Santi Cazorla, l’Olympique Lione 11 per Toulalan, l’Osasuna 6 per Nacho Monreal, il Valencia B si privò di Isco per la stessa cifra e cedette pure Joaquín per 4,2 milioni, il River Plate incassò 4,5 per Buonanotte, il Siviglia 2,8 per Sergio Sánchez e l’Amburgo ottenne 1,85 per il cartellino di Ruud van Nistelrooy, regalando a parametro zero l’altro olandese Mathijsen ai Boquerones. Per Málaga e la crisi Malaga CF v’erano tutti i presupposti per credere in una favola: metà rosa era stata acquistata ex novo, il restante 50% era grossomodo l’eredità del calciomercato estivo 2010, con 25 milioni investiti per dare un’ossatura provvisoria alla formazione biancazzurra. Erano arrivati in tanti: l’uruguagio Sebastián Fernández dal Banfield (3,6), José Salomón Rondón dal Las Palmas (3,5), Eliseu dalla Lazio (2), Javier Malagueño dagli Indios messicani (0,945) e in più dall’ Atlético Malagueño era stato promosso un giovanissimo Francisco Portillo. A gennaio toccò a una nuova ventata di volti nuovi dalla squadra B (Juanmi e Recio), poi fu il turno dello svincolato Enzo Maresca, di Willy Caballero dall’Elche (0,9), di Ignacio Camacho dall’Atlético Madrid (1,5), poi Martín Demichelis dal Bayern Monaco (3) e Júlio Baptista dalla Roma (2,5). Spendere 84,3 milioni in due estati, ovvero 10 volte la cifra spesa sommando i 10 anni prima, era chiaramente inebriante.

A quel punto però della crisi Malaga, detto dello scontro con le istituzioni, dall’estate 2012 sono partite le cessioni: Cazorla (19) e Monreal (10) all’Arsenal, Rondón al Rubin Kazan (9), Buonanotte al Granada (2,3). Nell’estate 2013 non è cambiato il leitmotiv: Isco s’è accasato al Real (30), Toulalan al Monaco (5), Joaquín alla Fiorentina (1,8), i pochi innesti dell’anno prima (Javier Saviola e Manuel Iturra su tutti) sono partiti gratis. Così entravano calciatori in cerca di riscatto (Nordin Amrabat, Ricardo Horta, Roberto Rosales, Luis Alberto, Guillermo Ochoa) e giovani usciti dall’Atlético Malagueño – e nell’estate 2014 toccò al ’94 Juanpi Añor e al ’95 Samu Castillejo – mentre in uscita c’erano pezzi pregiati. Dopo il Mondiale in Brasile, Willy Caballero raggiunse il Manchester City (8), Jesús Gámez l’Atlético Madrid (2,5), Eliseu il Benfica (1,2). Stesso discorso a proposito dell’estate 2015: 8,65 milioni investiti tra Nordin Amrabat, Tighadouini, Duje Cop, Charles, Chory Castro, Cifuentes, Albentosa, Roque Santa Cruz, Fábio Espinho e Pablo Fornals dalla squadra B. Come al solito le porte girevoli misero in uscita volti non da poco: Sergi Darder al Lione (12,1), Amrabat al Watford (8,4), Samu García e Samu Castillejo in blocco al Villarreal (8+8), Juanmi al Southampton (7), Pablo Pérez al Boca Juniors (1,2), Francisco Portillo al Bétis (1) e Sergio Sánchez trasferitosi gratis al Panathinaikos.

Málaga CF
Fonte: Málaga CF – Facebook

Crisi Malaga, il nuovo ciclo

Il ciclo della crisi Malaga ha previsto una nuova infornata nell’estate 2016 (12,54 milioni spesi), tra Keko dall’Eibar (5), Michael Santos dal River Plate (4), Luis Hernández dal Leicester City (2), Bakary Koné dal Lione (0,8), e ancora tanti prestiti: Dennis Boyko dal Beşiktaş, Sandro Ramírez dal Barcellona, Jony dallo Sporting Gijón, Kuzmanović dal Basilea, Diego Llorente dal Real Madrid, Adalberto Peñaranda dal Watford e due dall’Atlético Malagueño (Youssef En-Nesyri, e Javier Ontiveros). I frutti sono stati raccolti l’estate scorsa: Camacho al Wolfsburg (15), Fornals al Villarreal (12), Sandro Ramírez all’Everton (6). Il ritiro di tre cardini come Demichelis, Welington e Duda ha aperto le porte all’ultima stagione, con retrocessione e annesse cessioni estive (En-Nesyri al Leganés per 6 milioni, Ignasi Miquel al Getafe per 5). In totale: 41,6 nell’estate 2012, 37,65 nell’estate 2013, 19,49 nell’estate 2014, 46,8 nell’estate 2015, 0 nell’estate 2016, 34,4 nell’estate 2017, 12,5 nell’estate 2018. Totale di milioni spesi in 9 anni: 124,07. Totale di milioni entrati in 9 anni: 192,44. Al Thani ci ha guadagnato (forse). Ma la contestazione non l’ha risparmiato. E la crisi Malaga continua.