Cosa ci resterà di questo derby Lazio-Roma? Innanzitutto lo 0-2 finale che lancia la squadra di Spalletti all’inseguimento della Juventus e ridimensiona le ambizioni di quella di Inzaghi che sembra sciogliersi davanti ad avversari di un certo rango. Anche perché il match dell’Olimpico ha dimostrato, qualora ve ne fosse bisogno, che se i biancocelesti non hanno modo di esprimersi sulle fasce diventano allora estremamente prevedibili. Tanto che le sortite di Immobile e compagni sono state arginate senza particolari affanni da una Roma ordinata ma non certo irresistibile od impressionante. Complice forse l’assenza di Salah che ha lasciato troppo isolato uno Dzeko che per novanta minuti ha ricordato il giocatore di una stagione fa. Ma complice soprattutto la scarsa verve di Strootman e Nainggolan, impresentabili nel primo tempo, leggermente meglio nella ripresa e tuttavia al momento di tirare le somme comunque tremendamente decisivi ai fini della sorte finale del match. Anche perché il derby di ieri insegna almeno altre due cose. La prima è che un difensore non dovrebbe mai e poi mai azzardare un doppio passo per uscire palla al piede dalla propria area di rigore quando è pressato da due giocatori avversari. La seconda è che un portiere non può costantemente giocare sei metri avanti rispetto alla linea di porta. Ci ha anche confermato questo derby che all’aumentare del numero di giudici di gara in campo non si riducono proporzionalmente gli errori di giudizio. Ma ci ha insegnato anche che non sempre la tecnologia aiuta realmente a chiarire definitivamente le situazioni controverse. Ci sono infine due ultime lezioni che impartisce questo derby. La prima è che ricchezza non sempre è sinonimo di intelligenza. La scena tra Strootman e Cataldi è degna della peggior bega tra due bulli di quartiere con la differenza che la questione qui è andata in onda in mondovisione. Andavano espulsi entrambi: Cataldi per la reazione e Strootman per il gesto dell’acqua e per la sceneggiata successiva alla reazione del laziale. La seconda, in parte fortemente correlata alla prima, è che certe dichiarazioni becere andrebbero evitate. Che non vuol dire che non andrebbero rilasciate perché su questo non ci piove. Vuol dire che ad impedire che un giocatore possa presentarsi a favore di telecamera, neanche troppo a caldo per altro, a pronunciare frasi dal forte connotato razzista dovrebbero essere direttamente le società.