Folla in delirio, entusiasmo alle stelle, derby salvato, cappelli lanciati, pugni chiusi, rammarico, rabbia, delusione, calci ai gradoni, furore, abbracci tra sconosciuti, voglia di dimenticare, settantamila persone. Questa raccolta di impressioni è solo uno spaccato di quanto possa accadere in un attimo in uno stadio, e di ciò che è realmente accaduto all’82° minuto del derby di Roma del 29 novembre 1998.
E’ il primo derby della stagione. I romanisti sono a caccia di una vittoria, l’anno prima hanno perso quattro derby su quattro e in città la vita quotidiana è diventata insopportabile. Serve una svolta, Zeman è l’uomo giusto, l’attesa è spasmodica e l’impatto emotivo sui giocatori è positivo. Dopo 25 minuti di ritmo elevato e di incredibile intensità, i giallorossi, partiti decisamente meglio rispetto ai rivali, sbloccano la partita. In seguito ad un contrasto sulla mediana, la palla schizza sui piedi di Wome, libero sulla sinistra, che a sorpresa si ritrova accompagnato nell’azione offensiva da Delvecchio contro soli due difensori laziali. Attacca lo spazio a grandi falcate e serve al momento giusto il taglio del compagno di squadra sul secondo palo. Marchegiani improvvisa un’uscita che si rivela tardiva, e a Delvecchio non rimane che appoggiare in rete. 1-0 e palla al centro. Ora per la Roma arriva la parte più difficile, la gestione del vantaggio. Poi quando ci si mettono i campioni di traverso, il gol lo si subisce senza compromessi. Bastano il lancio di un mancino fuori dal comune, tale Sinisa Mihajlovic e un attaccante con la classe di Roberto Mancini. Al 28’ il serbo pesca da centrocampo Mancini in area disegnando un arcobaleno che cade sul piede, sempre il sinistro, del compagno di squadra, il quale tira al volo da posizione defilata con una semplicità surreale. Il diagonale si infila alla destra del portiere avversario portando la Lazio sull’1-1. Il risultato rimane invariato fino al termine del primo tempo.
La seconda frazione di gara è più equilibrata, con la Lazio che sembra essere tronata definitivamente in partita. Al 56’ Mihajlovic batte una punizione dalla tre quarti offensiva. Il tiro cross è teso e diretto verso la porta. E’ sufficiente sfiorarlo per spiazzare Chimenti e portare la Lazio in vantaggio. Il tocco è di nuovo di Mancini: doppietta per lui e sorpasso effettuato. La Roma sembra perdere la testa. In pochi minuti perde Petruzzi che si fa espellere per doppia ammonizione, e atterra Salas lanciato in area verso la porta. Il fallo criminale è di Wome che regala un rigore ai biancocelesti. Il Matador non si fa pregare e spiazza Marchegiani. 3-1 Lazio. Ma è proprio quando tutto sembra perduto che le squadre di Zeman sgomberano la mente e giocano liberamente. Da quel momento in poi è quasi un assedio. Totti è il più pericoloso. E’ proprio lui che alla mezz’ora del primo tempo riceve palla sul fondo, attira la difesa su di sé e con una magia si gira in un fazzoletto regalando un assist che Eusebio Di Francesco trasforma in un tiro potente ed efficace. La palla entra con violenza poco sotto la traversa, gonfia la rete e gela gli entusiasmi laziali. 3-2. La Lazio è in confusione, i difensori non sono tranquilli e commettono errori banali, come regalare palla a Delvecchio al limite dell’area di rigore. Il centravanti recupera palla in mezzo a due e vede l’inserimento furioso di Francesco Totti. Il capitano della Roma vede Marchegiani fuori porta, e dai sedici metri lo sorprende con un cucchiaino che gli ruba il tempo e per qualche notte anche il sonno. La sfera rimbalza verso la linea di porta con ingannevole docilità, per fermarsi solo dopo aver accarezzato le rete. Il contorno è una mescolanza di rumori e colori indescrivibili, solo le due facce della stessa medaglia, la reazione dello stadio Olimpico al 3-3 segnato dalla Roma con un uomo in meno. Solo due brividi, uno per parte, correranno lungo la schiena delle tifoserie rivali prima del triplice fischio.
Prima la Lazio, poi la Roma, nei due anni successivi, si aggiudicheranno lo scudetto.