C’era una volta un calcio che oggi non c’è più. Un calcio fatto di partite di campionato alla domenica, tutte in contemporanea ed alla stessa ora il pomeriggio. Sia che fossero partite del campionato di Serie A sia che fossero partite di serie minori. Un calcio dove la televisione non regnava sovrana. Dove per vedere i gol della Serie A dovevi aspettare Novantesimo minuto e se tifavi per una squadra di un’altra serie dovevi aspettare il lunedì pomeriggio quando sulla RAI andavano in onda “C Siamo” ed “A tutta B”. C’era una volta un calcio fatto di partite di coppa al mercoledì sera. Indipendentemente dal fatto che la coppa si chiamasse Italia, UEFA, delle Coppe o dei Campioni. O che si chiamasse Coppa Anglo-Italiana.
La Coppa Anglo-Italiana venne partorita dalla mente creativa di un italiano (chi se no), Gigi Peronace, manager nostrano trasferitosi in terra d’Albione che nel 1969 non riusciva a digerire il fatto che allo Swindon Town, fresco vincitore della Coppa di Lega Inglese, fosse negata la possibilità spettante di diritto a chi portava a casa la competizione di partecipare alla Coppa delle Fiere. Il motivo? Lo Swindon militava in terza serie mentre i regolamenti della Football Association riconoscevano l’onore esclusivamente ai club di First Division. Peronace inventò allora la competizione che coinvolgeva solo squadre italiane ed inglesi, che ricevette il patrocinio dell’UEFA, della FIGC e della FA e che tra varie evoluzioni, pause e formule a volte cervellotiche si trascinò fino alla stagione 1995-96 quando l’approdo della TV e calendari sempre più fitti resero impossibile trovargli una collocazione decretandone la cancellazione.
Quella competizione aveva il suo non so che. Almeno per chi, come chi scrive, in quegli anni era poco più che un poppante e prendeva confidenza con il mondo del pallone. C’era il fascino del calcio di provincia dal sapore internazionale che riempiva gli stadi d’Italia e di Inghilterra. C’era un guizzo di esotico nel leggere sul Guerin Sportivo le cronache di quei match, nel vedere le foto di quegli incontri. C’era in generale quell’atmosfera magica che si viene a creare quando l’ambientazione ed i protagonisti della storia sono proprio quelli giusti.
27 marzo 1993. Dopo sei anni di stop si riassegna la Coppa Anglo-Italiana. E’ un sabato, come nella miglior tradizione di una finale di coppa che si gioca in Inghilterra. Si gioca a Wembley, come nella miglior tradizione di una finale di coppa che si gioca in Inghilterra. Per gli inglesi scende in campo il Derby County. Non proprio una squadra qualsiasi ma una squadra che vanta in bacheca due scudetti (non ce ne vogliano i puristi del calcio d’oltre Manica), una Coppa di Inghilterra ed un Community Shield. Per l’Italia sale a Wembley la Cremonese, all’epoca tre campionati di Serie A alle spalle e tanta Serie B e Serie C da raccontare. E’ la Cremonese di Gigi Simoni in panchina e Luzzara presidente. La Cremonese che si affaccia un po’ più spesso nella massima serie e che regala al calcio italiano tanti giovani promesse. La Cremonese di Turci, Gualco, Pedroni, Cristiani, Colonnese, Verdelli, Giandebiaggi, Nicolini, Tentoni, Maspero e Florijancic che in campionato faceva la riserva di Dezotti ed in Coppa Anglo-Italiana faceva il goleador. E che al Derby nel fase a gironi aveva già rifilato due reti a domicilio. Quel pomeriggio Wembley era vestito a festa. I supporter del Derby erano 40 mila. Quelli della Cremonese erano in mille ma fieri. E lo diventarono ancor di più quando Verdelli, Maspero e Tentoni siglarono il 3-1 finale (di Gabbiadini per gli ospiti il momentaneo pareggio) e regalarono il trofeo ai grigiorossi. Un trofeo storico. Il primo ed unico di un club che all’epoca aveva appena compiuto novant’anni e che oggi ne conta 113. Un giorno storico per il calcio italiano che con la sua cenerentola aveva sbancato il tempio del calcio inglese. Un giorno storico di un calcio che oggi non c’è più.