I russi? No, gli americani. L’Italia calcistica, ancora frastornata da quel pallone spedito alle stalle nel caldo torrido di Los Angeles da Roberto Baggio, visse una stagione epocale sotto molti punti di vista. Quello del 1994-1995 fu infatti il primo torneo in cui la vittoria comportava l’assegnazione di tre punti in classifica anziché due. Ma fu anche il torneo che vide il debutto della Triade Moggi-Giraudo-Bettega che avrebbe fatto più o meno lecitamente le fortune della Juventus per tutto il decennio a venire. Una rivoluzione quella bianconera che aveva travolto tutta la società a partire dall’assetto dirigenziale, dove Umberto Agnelli subentrò all’Avvocato, per arrivare ad una rosa che potendo già contare su Vialli, Baggio e Ravanelli (ed un giovane Del Piero a far da rincalzo) venne impreziosita dagli innesti di Ferrara, Sousa e Deschamps. Ma che soprattutto venne affidata a quello che da lì a breve sarebbe diventato un guru della panchina: Marcello Lippi da Viareggio. Fu quello anche il torneo dell’approdo a Milano di Pagliuca in cambio di Zenga e Ferri alla Samp e del Milan degli Invincibili che confermò in toto la rosa salvo scoprirsi vulnerabile al momento di tirare le somme a fine stagione. Fu quello l’anno della prima affermazione europea del Parma, del ritorno allo scudetto di una Juventus a secco dal 1986, della morte per accoltellamento del tifoso genoano Vincenzo Spagnolo detto Claudio e della prematura scomparsa di Andrea Fortunato. Fu quello anche il torneo in cui la Serie A cedette per la prima volta al fascino esotico. A Genova, sponda rossoblu, si decise di mescolare al profumo di mare quello d’Oriente accogliendo all’ombra della lanterna il giapponese Kazuyoshi Miura. A Padova, dove si tornava a respirare l’aria purissima della massima serie dopo trentadue anni di assenza, si decise invece di puntare forte sull’americano Alexis Lalas, chitarrista capellone all’occorrenza difensore. Accolto con l’interesse riservato al fenomeno da baraccone finirà invece per collezionare 44 presenze in due stagioni e due partecipazioni ai Mondiali in tempi però, per dovere di cronaca, dove erano in pochi negli USA a non giocare a palla con le mani.
Alexis Lalas era come al solito in campo quel pomeriggio del 10 giugno 1995 quando in una Firenze bagnata dalla pioggia Genoa e Padova si giocavano in partita secca la permanenza in Serie A. Già, perché quel campionato 1994-95 fu anche il primo in cui la retrocessione venne decisa da uno spareggio. A tre giornate dal termine il Padova era avanti di sei punti e con lo scontro diretto alla penultima, per altro all’Euganeo, il pronostico pendeva dalla parte dei veneti. Ai quali invece fu fatale la sconfitta in quel di Cremona dove solo un anno prima i biancoscudati avevano festeggiato il ritorno in Serie A nello spareggio (che viziaccio) contro il Cesena. La contemporanea vittoria dei liguri aveva ridotto a tre i punti di differenza. Il testa a testa a Padova si concluse in un nulla di fatto. Un 1-1 che lasciava tutto invariato e rimandava qualsiasi discorso all’ultima giornata quando il Genoa avrebbe affrontato il Torino a Marassi ed i veneti sarebbero partiti in direzione San Siro per giocarsi la salvezza con l’Inter con due risultati su tre a disposizione. Il Genoa fece il suo. A Milano Del Vecchio all’ultimo minuto di gioco gelò invece i tremila tifosi biancoscudati giunti al Meazza. Ecco perché sarebbe stato spareggio.
Si gioca al Franchi sotto il diluvio universale. Da una parte 25.000 genoani. Dall’altra circa 15.000 tifosi biancoscudati. Da una parte una squadra, quella che ha portato il calcio in Italia, terrorizzata dal baratro della Serie B distante un solo passo. Dall’altra la cattiveria di una squadra che dopo aver toccato con mano la Serie A non vuole più staccarsene ed essendosi complicata la vita da sola sa che dovrà lottare ancora un po’ perché ciò avvenga. Quella del Franchi non è una battaglia. E’ una guerra. Alla fine resterà solo il vincitore e non ci sarà rivincita. Ci si gioca tutto in 90’ o forse più. Diventa di più. Perché i tempi regolamentari finiscono in parità. Un 1-1 che matura in dieci minuti, quelli tra il 19’ ed il 29’, con Skuhravy che di testa risponde al sinistro di Goran Vlaovic. Poi magari un giorno vi racconteremo chi erano. Intanto però vi raccontiamo chi era Giampaolo Spagnulo, un portiere che aveva militato ed avrebbe continuato a militare nelle serie minori. Aveva alle spalle una stagione in Serie A con il Genoa, quella 1992-92. E sempre a Genova e dal Genoa era stato richiamato nella stagione 1994-95 per difendere i pali in quel che restava del campionato tra gennaio e giugno. Cosa che Giampaolo Spagnulo fece egregiamente soprattutto quel pomeriggio di Firenze dove con un intervento spettacolare dietro l’altro tenne a galla fino ai calci di rigore i liguri altrimenti tramortiti dal furore agonistico del Padova. Si, quello spareggio si concluderà ai calci di rigore. La storia alla fine non la scriverà Spagnulo. A farlo saranno Michel Kreek e Fabio Galante. La serie di tiri dal dischetto finirà ad oltranza. Il primo siglerà il rigore decisivo dopo che il secondo spedirà il pallone sopra la traversa. Il sipario di uno spareggio tragico. Non tanto per l’importanza della posta in palio. Quanto perché costò la vita a tre tifosi liguri, due presenti allo stadio ed uno rimasto a Genova davanti al televisore (la partita venne trasmessa in chiaro dalla RAI), il cui cuore non resse allo stress. Vallo a raccontare a chi dice che il calcio è solo un gioco.