Coppa Italia Atalanta-Lazio
Finale Coppa Italia 2019 (Fonte: Tabser - Talking about soccer)

Finale di Coppa Italia: i nostri appunti sparsi su Atalanta-Lazio

Chissà se ad Angelo Domenghini almeno un sorriso sarà scappato. Resta lui infatti l’unico giocatore dell’Atalanta ad aver segnato in una finale di Coppa Italia su quattro tentativi a disposizione degli orobici. Sua infatti fu la tripletta nel 3-1 al Torino che nel 1962/1963 consegnò alla Dea il trofeo. Avrebbe potuto riscrivere un pezzo di storia Freuler se quel tiro al 26’ del primo tempo della finalissima di ieri non si fosse stampato sul palo (complice la deviazione di mano del già ammonito Bastos che ha mandato su tutte le furie Gasperini nel post partita). Ed invece la Coppa Italia 2018/2019 è della Lazio che grazie alle reti di Milinkovic Savic e Correa alza al cielo dell’Olimpico il trofeo per la settima volta nella sua storia e manda in visibilio il popolo laziale e Claudio Lotito, arrivato così alla quinta coppa messa in bacheca da Presidente.

Atalanta-Lazio è stata una partita spigolosa che ha per certi versi soverchiato i pronostici della vigilia. Chi si aspettava una squadra, quella nerazzurra, in grado di imporre il proprio dominio fisico e calcistico come fatto già nei due match di campionato di quest’anno (l’ultimo dei quali andato in scena appena dieci giorni fa) è rimasto deluso. Perché il calcio, in fondo, è un gioco strano. Il più imprevedibile (e per questo così affascinante) probabilmente. Così non necessariamente a vincere è la squadra migliore. O volendo essere più precisi, non necessariamente ciò che sembra scritto alla vigilia si concretizza poi una volta che i protagonisti scendono in campo.

E cercando una lezione da portare a casa dopo Atalanta-Lazio questa è probabilmente che la squadra di Inzaghi ha saputo racimolare meglio energie e concentrazione necessarie a reggere il confronto. Quelle caratteristiche, specialmente la seconda, che sembrano essere mancate alla compagine di Gasperini che fiutata la grande occasione di entrare nella storia ha in realtà fallito l’approccio mentale alla partita finendo per risultare confusionaria e dunque poco lucida nella gestione del pallone, da un triennio almeno a questa parte l’arma segreta dei nerazzurri.

Le trame di gioco, gli affondi degli esterni, le combinazioni del trio delle meraviglie Ilicic-Gomez-Zapata sono tutte cose che nei 97’ dell’Olimpico non si è avuto modo di apprezzare minimamente. E così l’Atalanta ha fatto la fine dell’Ajax. Si è presentata al gran ballo tra lo stupore generale, si è fatta notare (fino al gol di Milinkovic che ha rotto gli equilibri quando la partita era ormai agli sgoccioli le occasioni migliori erano state degli orobici), ma non ha saputo lasciare il segno. Ed ecco che allora allo scoccare della mezzanotte le attenzioni erano tutte per la Lazio.

E per Simone Inzaghi, al quale è giusto riconoscere i meriti di quella che per i biancocelesti è una grande vittoria. Non solo perché porta in dote un trofeo (il secondo personale per il tecnico piacentino dopo la Supercoppa Italiana). Ma anche perché spedisce la Lazio dritta dritta alla fase a gironi della prossima Europa League. Traguardo che, per come si erano messe le cose in campionato, non sembrava affatto scontato. Ed invece la vittoria raddrizza la stagione e porta in cassa 25 milioni di euro (15 arrivano dalla Coppa Italia e 10 saranno garantiti dall’Europa) che ora tecnico e società dovranno valutare come investire sul mercato.

Perché il modo in cui la Lazio ha battuto l’Atalanta lascia effettivamente l’impressione che la verità, per i biancocelesti, vada ricerca a metà strada tra l’idea lotitiana di aver messo a disposizione una Ferrari e quella di Inzaghi di una rosa incompleta per ambire alla Champions League. Noi sposiamo maggiormente questa seconda tesi sebbene gli acquisti di Badelj e Berisha sembravano ad inizio stagione due rinforzi di livello per una Lazio che nel frattempo aveva trattenuto i migliori. Se così a conti fatti non è stato, è anche vero che le vittorie per altro meritate contro Milan (in coppa), Roma (campionato) e Inter (sia in coppa che in campionato) e sollevare al cielo la Coppa Italia contro la comunque favorita Atalanta non fanno che aumentare il rammarico per i passaggi a vuoto contro SPAL, Sassuolo e Chievo (quest’ultimo veramente inspiegabile) che di fatto hanno compromesso anzitempo la corsa alla Champions del biancocelesti. E qualche responsabilità a Inzaghi, in questi casi, bisogna addossarla.

Ma non in Atalanta-Lazio di Coppa Italia. Perché Atalanta-Lazio è stata la partita dell’anno di Simone Inzaghi. Per come l’ha preparata (la gabbia sulla coppia Papu Gomez-Ilicic e la mossa di Marusic su Castagne che appena dieci giorni prima aveva fatto girare la testa a Romulo). Per come l’ha gestita. Intelligente la sostituzione nella prima frazione di gioco del già ammonito (e poi graziato) Bastos; opportuna e coraggiosa quella di Immobile.

È stata poi sicuramente anche la vittoria di Milinkovic Savic e Correa. Ma permetteteci di sottolineare le prove di Marco Parolo, strepitoso il suo secondo tempo, e soprattutto di Lucas Leiva, lui semplicemente strepitoso punto.

È stata anche la partita (disastrosa) di Djimsiti, vero anello debole della Dea nella notte dell’Olimpico, e di Masiello che fiutata invece l’opportunità di raggiungere per la prima volta qualcosa di importante dopo aver imboccato ormai il viale del tramonto (della sua carriera, si intende) ha lottato fino al fischio finale come un leone.

Atalanta-Lazio è stata infine anche la gara delle polemiche di Gasperini (giuste ma esagerate nella reiterazione) e degli scontri pre-partita tra tifosi biancocelesti e polizia che, tanto per cambiare, hanno macchiato quella che avrebbe dovuto essere solo una giornata di festa. Quella che, a prescindere dal risultato, hanno vissuto invece appieno gli oltre ventimila tifosi bergamaschi che hanno raggiunto Roma per provare a trascinare i propri beniamini verso una storica vittoria. Che non è arrivata. Ma resteranno sicuramente impressi nel tempo gli scroscianti applausi di ringraziamento comunque riservati a fine gara a Gomez e compagni.