Sudamerica. Cile. Qui che la Copa América ha avuto luogo, lasciando in eredità le strabilianti immagini di giocate incredibili, impensabili rimonte, grandissime partite una dopo l’altra sia nella fase a gironi che in quella ad eliminazione diretta. Del resto, in un continente come quello sudamericano che da sempre fornisce al mondo tantissimi interpreti di primissimo calibro in quella che possiamo definire l’orchestra del calcio, i vari concerti che si sono alternati dalle parti di Santiago non hanno fatto certo eccezione. E ancora, in un continente dove la passione per il fútbol è pari a pochissime cose, non c’è neanche da stupirsi per i vari soprannomi affibbiati a calciatori, commissari tecnici e anche alle singole nazionali.
Già, i nicknames. Molti di essi hanno reso famosi per antonomasia alcune leggende del pallone per l’eternità, ma è anche capitato che ci si ricordi di un calciatore per il soprannome piuttosto che per le gesta viste in campo. In questa Copa America 2015 ne ho visti di tutti i colori, per tutti i gusti: ci sono principi, rane, maghi, pulci, tori, nomi di birre, cipolle, topi, tigri, draghi, gatti, ghepardi, rocce, meduse e bisce. E voi, quanti ne conoscevate già?
Parte 1: i cileni variopinti
Il tour comincia dal Cile padrone di casa, in una selezione decisamente ricca di nicknames: cominciando con quelli più noti a noi italiani, troviamo “El Nino Maravilla” Sanchez, “Turboman” Vargas, il “Pitbull” Gary Medel, “El Quacito” Isla ed il “Pek” Pizarro. Arturo Vidal, appena passato al Bayern, poteva vantarne ben tre: noto come “il guerriero” per la grinta che mette in campo e “Re Artù” specialmente sui social network, ai tempi del Bayer Leverkusen era anche chiamato “Celia Punk” in onore della sua cantante preferita, la cilena Celia Cruz, e del suo genere musicale preferito, come facilmente notabile dalla cresta sempre curata minuziosamente in ogni sua apparizione sul terreno di gioco. Probabilmente questi li avevate già sentiti, ma che dire della “Rana” Jara, del “Principe” Charles Aranguiz e del “Mago” Valdivia?
Il primo deve il suo soprannome al fatto che da piccolo fosse solito presentarsi agli allenamenti con un giubbotto verde, il centrocampista alla quasi omonimia col principe Carlo d’Inghilterra mentre l’ex Palmeiras deve ringraziare le sue abilità calcistiche fuori dal comune, in grado di stupire il pubblico quasi quanto un prestigiatore (e anche in Cile ce ne siamo accorti, caso mai ce ne fosse stato bisogno). Per carità, e qui si apre una piccola parentesi, anche quelle extracalcistiche meriterebbero spazio: la festa di battesimo di uno dei suoi figli fu la premessa per l’esclusione dalla Roja nel 2011 da parte dell’allora ct Borghi di Vidal, Jara, Carmona, Beausejour e proprio il Mago.
Parte 2: la Copa América e la birra Tecate
Erano rientrati in “evidente estado de alegria” e con 45 minuti in ritardo, mentre nel 2007 in seguito ad un festino in occasione della qualificazione ai quarti di Copa America fu trovato da una cameriera dell’albergo della Roja con marmellata in faccia e prosciutto in testa. Concludendo la pur doverosa digressione, ecco infine il “Gato” Silva, difensore la cui abilità nel fronteggiare gli avversari nell’uno contro uno gli ha consentito di fregiarsi del suddetto soprannome condiviso per le medesime ragioni col portiere colombiano David Ospina.
E se vi siete sorpresi nel leggere “nomi di birre” nell’elenco di sopra, eccovi il “Tecatito” Corona, talentuoso trequartista del Twente che deve il suo soprannome a questioni di marketing. Nei primi anni della sua carriera infatti giocava nel Monterrey, club che pare avesse come sponsor tra gli altri anche la famosa cerveza “Tecate”, e poiché sulla maglia il povero Jesus Manuel aveva scritto il proprio cognome che casualmente è anche il nome di una famosissima marca produttrice di birra (la Corona, per l’appunto) concorrenziale alla Tecate, gli fu ben presto affibbiato il soprannome Tecatito, vezzeggiato su misura in relazione ai suoi 173 centimetri. Questo soprannome è stato più volte usato dai telecronisti in questa Copa anche grazie alla presenza del quasi omonimo Josè de Jesus Corona, portiere del Cruz Azul.
Parte 3: la fattoria di Copa América
Molto gettonati sono i soprannomi animaleschi: nella fattoria della Copa America c’è posto per tutti, verrebbe da dire, perché sono davvero tanti i soprannomi legati al mondo della fauna. La lista comincia con “Topo”, nickname usato sia dal messicano Juan Carlos Valenzuela che dal paraguaiano Victor Caceres, poi si prosegue cambiando una consonante col “Toro” Matias Vuoso, attaccante mezzo argentino con un passato anche in Europa nel ManCity e ancora la “Hormiga” del Watford Juan Carlos Paredes, “El Torito” Roncaglia autore di una stagione con luci ed ombre sotto la Lanterna, “el Foquita” Farfàn, la “Pantera” Lucas Barrios che dopo la Copa ha firmato col Palmeiras ed “el Guepardo” Guarin.
Che “El Tigre” sia il soprannome di Radamel Falcao probabilmente lo sapevate, ma avreste mai detto che fu un suo ex compagno (Gonzalo Ludena) a crearlo in seguito alla consegna di un premio intitolato “Tigre de Esso” (e sponsorizzato evidentemente dall’azienda petrolifera)? Ed eravate al corrente del fatto che l’ex Fiorentina Juan Guillermo Cuadrado fosse soprannominato “El Medusa” per via dell’acconciatura? Andrè Carrillo ha come nickname “Biscia”: se vi state chiedendo il motivo, andate a vedervi qualche giocata del peruviano con lo Sporting.
Parte 4: pulci argentine, gru venezuelane
Ultimo ma non certo per importanza, Lionel Messi: la pulce più famosa di sempre, “Pulga” in argentino, si è vista saltare ben poco in questa Copa. Ma quanto compiuto al Barça nella stagione appena terminata parla per lui: con l’Albiceleste non ha ancora vinto niente (se non il mondiale under 20 a Pechino nel 2005), ma da qui a “dedicargli” una maledizione sembra abbastanza esagerato. Oltretutto, entriamo in un’altra categoria di soprannomi: quelli riguardanti le caratteristiche fisiche. Per quei pochi che non ne fossero ancora a conoscenza, “la pulga” deriva dai 169 centimetri del fuoriclasse blaugrana.
Altro esempio, Fernando Amorebieta: tralasciando il soprannome “Amore” dovuto alla semplice abbreviazione del cognome, troviamo “la Grulla”, la gru, ossia la celebrazione dei 191 centimetri del centrale difensivo del Fulham. Ci sono poi tanti altri casi: emblematico come lo stesso soprannome (“chiquito”) potesse rifarsi a più giocatori sebbene su tutti si colleghi all’argentino Sergio Romero – passato pure per la Serie A, alla Sampdoria. Perché in fondo anche la fantasia prima o poi ha un limite.