La sintesi perfetta la fornirebbe Samir Handanovic: “È dura perdere così, ma prendiamolo come punto di partenza”. Eppure la notte di Colonia che regala l’ennesima Europa League al Siviglia rischia di essere tramandata alla storia anche o soprattutto come la notte che sancisce l’addio tra l’Inter ed Antonio Conte. Dopo appena un anno di rapporto. Perché parlare di storia d’amore mai come in questo caso sembrerebbe inopportuno.
Nonostante l’imprevedibile accoglienza a braccia aperte dello zoccolo duro della tifoseria nerazzurra con la Curva Nord ad onor di cronaca poco seguita dal resto di San Siro anzi spesso piuttosto scettico sulla scelta di ergere a condottiero un “nemico” storico; nonostante gli auspici derivanti dal consolidato rapporto con Marotta, vero artefice e sponsor (oggi pentito?) dell’approdo del tecnico salentino alla Pinetina; nonostante una stagione complessa chiusasi con due secondi posti, quello in campionato ad una sola lunghezza di distanza dalla Juventus e quello in Europa contro una squadra che ha fatto della vecchia Coppa UEFA la sua specialità; ecco, nonostante tutto ciò l’amore tra l’Inter ed Antonio Conte non è mai realmente scoccato.
Al tecnico salentino va riconosciuta la capacità di aver riportato l’Inter, dopo anni di tribolazione, al livello della Juventus in patria ed a riacquisire quella caratura internazionale che per altro mai come ieri ci ha fatto credere che fosse finalmente possibile riabbracciare un trofeo che in Italia manca ormai da un ventennio.
Non solo. Conte all’Inter ha sicuramente rivitalizzato ambiente e rosa restituendo smalto a giocatori che sembravano smarriti (vedi Candreva e Gagliardini) e lavorando fino a renderli diamanti rari giocatori a loro modo grezzi come Bastoni, Barella e Lautaro Martinez.
Ma l’eccesso di competitività, quella volontà di voler vincere a tutti i costi per dimostrare, forse più a se stessi che agli altri, di essere dei vincenti hanno finito per corrodere Antonio Conte; inviluppatosi troppo presto (ricordate le dichiarazioni dello scorso agosto?) in sterili polemiche di spallettiana memoria che, apparendo sin dall’origine abbastanza infondate, hanno infine assunto la fattezza del voler mettere le mani avanti quando allo strambo mercato di gennaio dell’Inter, portato avanti con la sola e a volte scellerata (vedi l’operazione Eriksen) volontà di assecondare l’allenatore, ha fatto seguito un singhiozzante cammino in campionato che, compresi i passi falsi post-lockdown, hanno fatto apparire il secondo posto in campionato dei nerazzurri più un’occasione mancata che un traguardo raggiunto.
Seppur non alla società, che nonostante gli espliciti attacchi frontali subiti in questi mesi ha sempre dimostrato, a parole e nei fatti, il suo appoggio al tecnico salentino pur dovendo a volte, sospettiamo, far ricorso a tutte le scorte di pazienza a disposizione.
Il cammino nella fase finale dell’Europa League e gli attestati di stima reciproca degli ultimi giorni sembravano aver appianato le divergenze e riportato il sereno tra le parti (ovvero in Antonio Conte). Ma le dichiarazioni che il tecnico ha rilasciato nel post partita di Colonia hanno alzato un polverone che sembra proprio il preludio della tempesta.
Perché le parole di Conte possono apparire improvvisate e frutto del sapore amaro della sconfitta solo ad orecchie inesperte. Ad altri sembrano invece ponderate, accuratamente selezionate e dunque (e comunque!) recitate al termine di uno spettacolo che Antonio Conte immaginava e preferiva avesse un finale diverso (c’è sempre più gusto a lasciare da vincenti).
Parole quindi questa volta veramente difficili da digerire per l’Inter. Anche perché, così si vocifera, il club avrebbe pronto il sostituto (segno che qualcuno – forse proprio Marotta – si era già stufato da tempo di certi atteggiamenti). Quel Massimiliano Allegri che a Conte era succeduto anche sulla panchina della Juventus portando i bianconeri a banchettare per ben due volte in finale di Champions nonostante lo scetticismo (eufemismo) che aveva portato Antonio Conte a puntare i piedi (fino a riceve il benservito). Una soluzione, almeno sulla carta, all’altezza se non addirittura migliore di quella attuale. Una soluzione che renderebbe dunque indolore (attenzione, non certo economicamente) il divorzio da Antonio Conte.
Eppure sembravano esserci tutti i presupposti affinché la storia tra Conte e l’Inter finisse meglio. Anzi, non finisse affatto. Facendo diventare questa la stagione su cui gettare le fondamenta per i successi futuri. Come consigliato un po’ in sordina da Handanovic. Quando ormai la frittata sembra fatta.