La Nazionale eliminata per la seconda volta di seguito al primo turno del Mondiale. Stadi vecchi e sempre più desolatamente vuoti. L’incessante quanto preoccupante fuga dei top player all’estero. Ed ora anche la fuga degli sponsor. Che il calcio italiano sia in crisi è cosa purtroppo nota oramai da qualche anno. Ma nonostante i proclami di cambiamento e rinnovamento spesso urlati ai quattro venti, l’emorragia che ha colpito la nostra Serie A sembra inarrestabile.
Quello che una volta era il campionato più bello del mondo registra quest’anno l’ennesimo record negativo. Sono ben sette, infatti, i club della massima serie che hanno iniziato la stagione senza uno sponsor sulla maglia. Fatto inconcepibile all’estero dove oramai anche il Barcellona, che in passato faceva della maglia intonsa un vanto, ha ceduto alle regole del mercato. Fatto ancor più paradossale se si considera che a partire da questa stagione è consentito anche nel Bel Paese il terzo sponsor sul retro delle divise da gioco.
Cesena, Fiorentina, Genoa, Lazio, Palermo, Roma e Sampdoria. Queste le sette “sorelle” (come sono lontani i fasti di qualche anno fa) accomunate dall’assenza di un brand da esibire in bella vista sulla casacca. Ed accomunate, dunque, dall’assenza di introiti. Le motivazioni, stando a quanto dichiarato dai club interessati, sono molteplici e legate prevalentemente a strategie (o presunte tali) di mercato. E’ questo il caso, almeno sulla carta, della Roma che non si dichiara disposta ad accettare una sponsorizzazione inferiore ai 15 milioni di Euro l’anno. Ed è anche il caso della Lazio che per bocca del patron Lotito, uno di quelli schierati in prima linea nel tentativo, per il momento a parole, di cambiare il calcio italiano, dichiara di non accettare di svalutare il proprio marchio per mettere uno sponsor sulla maglia. Sarà. Fatto sta che la squadra capitolina è all’ottava stagione senza un main sponsor sulle maglie. Strategia commerciale non proprio digerita dalla tifoseria biancoceleste che anche su questo (e non solo) chiede spiegazioni al presidente Lotito.
E come se la passano invece le squadre che lo sponsor ce l’hanno? Il dato è presto servito. Secondo un’analisi pubblicata da La Stampa, la forbice va dal milione di Euro dell’Udinese ai 13,8 milioni di Euro del Milan che detiene, almeno per il momento, il primato in termini di incasso. Per il momento. Il contratto tra i rossoneri ed Emirates scadrà infatti nel 2015 e la compagnia di Dubai ha già fatto sapere di non aver intenzione di rinnovare l’accordo alle vecchie cifre.
Nelle stanze segrete della Serie A c’è chi sostiene che si possa vivere anche senza uno sponsor sulla maglia. Almeno finché ci sono diritti TV da spartire (e non c’è stagione in cui i dirigenti dei club di A perdano occasione per ricordare una certa avidità in merito). Assolutamente vero! Resta solo da capire per quanto tempo ancora le TV saranno disposte a pagare certe cifre per un prodotto, il calcio italiano, sempre più privo di appeal. E soprattutto, c’è da chiedersi che sostenibilità possa mai avere a lungo termine un settore che mira a reggersi esclusivamente su una sola fonte di guadagno. Che il pacchetto Seria A venga venduto all’estero per 117 milioni contro 908 della Premier League è un dato che dovrebbe far riflettere. Così come il fatto che in Ligue 1 si vendano più magliette ufficiali di quante se ne vendano in Italia (1,22 milioni in Francia contro i nostri 1,18). Inutile tentare assurdi paragoni col merchandising inglese o tedesco.
C’erano una volta i Van Basten, i Maradona, gli Zidane ed i Ronaldo. Oggi ciò che di meglio riusciamo a produrre, vedi i vari Immobile e Cerci, lo esportiamo all’estero. La Serie A è oramai alla deriva, sempre più in balia di una certa decadenza che ci accomuna più ad una Eredivisie qualsiasi che alla Premier League. Chissà quante sono in Olanda le squadre senza sponsor.