Alle ore 21 di domenica probabilmente si verrà a capo della lotta intestina che sta tenendo con il fiato sospeso buona parte del Portogallo. Più o meno quell’ora, infatti, al Da Luz di Lisbona verrà fischiato il fischio finale di Benfica-Porto, una partita che vale una stagione. Le due regine di Portogallo infatti si sfideranno per quello che non è solo il big match della trentesima giornata della Primeira Liga 2017-2018; ma è lo scontro diretto che, con ogni probabilità, assegnerà lo scudetto. Insomma, non certo una partita come le altre. Fermo restando che Benfica-Porto non è mai stata semplicemente una partita come tutte le altre.
E’ doverosa infatti una premessa. Benfica-Porto in Portogallo è per tutti semplicemente O Clássico. Non c’è rivalità con lo Sporting che tenga, sebbene ogni tanto qualcuno provi a mischiare le carte in tavola e confondere le idee. Da queste parti, se hai il cuore dipinto a tinte biancorosse, il vero duello è quello con il Porto. La madre di tutte le battaglie. Una rivalità accesa che è anche lo specchio dello spaccato popolare con il Benfica da sempre ritenuto emblema della classe operaia ed il Porto (così come lo Sporting) a rappresentare invece l’élite portoghese. Che, a volerla dire tutta, alla Lisbona biancorossa risulta storicamente piuttosto indigesta.
A velha rivalidade che tiene banco tra Dragões e Aguias è qualcosa dunque che va ben oltre il calcio. Un qualcosa che sfocia spesso nella politica. Anche questa, per certi versi, è una storia nota. Perché anche in Portogallo, così come praticamente in tutto il resto d’Europa, Lisbona ed Oporto sono da sempre coinvolte in una battaglia di rivendicazioni di primati economici che dovrebbero sottendere potere amministrativo; rivendicazioni che, con Lisbona capitale, si risolvono in sostanza nella grande fatica della città del nord a tollerare le ingerenze amministrative della capitale. Qualcosa di ovvio, limitandosi ad applicare regole e buon senso. Qualcosa di inconcepibile per chi lo vive da dentro, tanto da alimentare un astio che ha fatto proliferare nel tempo un culto alla ribellione che ricorda, con le dovute proporzioni, le problematiche che affliggono i cugini spagnoli.
Anche O Clássico nel corso degli anni ha assunto per i portoghesi il ruolo del manifesto; della sfida per stabilire la supremazia di pensiero aggrappandosi ingenuamente a quattro calci ad un pallone. Benfica-Porto un po’ come l’eterno contendere tra Real e Barcellona; una rivalità chiamata a trascendere il semplice ambito sportivo per dirimere questioni politiche indistricabili. Cose che hanno poco a che fare con il calcio. Ma non da queste parti.
Anche perché se politicamente parlando Oporto lamenta di essere rimasta inspiegabilmente all’ombra di Lisbona, con il pallone di mezzo le sorti risultano leggermente più equilibrate. O almeno, dipende da che punto di vista si osservi la questione.
Tirando le somme del ricco palmares dei due club emerge che il Benfica primeggia a livello nazionale (36 campionati e 26 coppe nazionali) mentre il Porto, che comunque di campionati ne ha vinti 27, è leggermente più avvezzo a raccogliere celebrità in campo internazionale ha pareggiato con i rivali nel 2004 il conto delle Champions League in bacheca (2) e ha portato a casa anche due Europa League, una Supercoppa Europea e due Coppe Intercontinentali. Certo, in giro per il mondo il Benfica se l’è dovuta vedere anche con la maledizione del baffuto Luís Filipe Ferreira Vieira meglio nota come “la maledizione di Guttmann” . Ma questa in fondo è un’altra storia.
Non meno assurda di tanti altri episodi che caratterizzano la rivalità tra Dragões e Aguias. L’ultimo episodio (grottesco) degno di nota è senza dubbio il botta e risposta tra le due società che ha tenuto banco la scorsa estate e che ancora oggi fa discutere tutto il Portogallo.
Nel giugno scorso il capo dell’ufficio stampa del Porto, Francisco J. Marques, ha accusato i rivali di manomettere il campionato. Veira, numero uno del Benfica, ha provato inizialmente la via della diplomazia rispondendo con fermezza ma pacatezza che: “Tutte le accuse sono false e insensate”. Una dichiarazione che avrebbe dovuto spegnere una miccia che invece il Porto ha voluto alimentare accusando il Benfica di praticare la stregoneria con Marques lesto a produrre una serie di e-mail indirizzate dal patron del club di Lisbona a Armando Nhaga, capo della polizia della Guinea-Bissau nonché misterioso fattucchiere da quel momento al centro di una vicenda ancora oggi dai contorni poco chiari. E visto che le tre grandi, Os Três Grandes, annoverano pure lo Sporting Lisbona, ecco che anche il patron dei biancoverdi, Bruno de Carvalho, si è sentito in dovere di dire la sua; prendendo incredibilmente le parti dei concittadini: “Sono cattolico, io non riconosco la stregoneria”. Il tutto è presto divenuto un affare di stato. E non poteva essere diversamente se in mezzo c’è tutta la creme del calcio portoghese.
Nhaga ha seccamente smentito tutto: “Inventam um bruxo para esconder falhas”, ossia, “inventano una strega per nascondere gli errori”. Un attacco scagliato al Porto, a secco di successi ormai dal 2013, rincarato dal Benfica che nel dubbio ha invitato cortesemente il Porto FC a processo, chiedendo 50 milioni di euro a titolo di danni di immagine. Una vicenda totalmente assurda che ha però alimentato ulteriormente la rivalità tra i due club. E che forse è alla base del testa a testa che da quel momento in poi ha caratterizzato la stagione in corso della Primeira Liga. E che domenica potrebbe vedere una tra Benfica e Porto andar via.
Il Benfica di oggi è solo lontano parente di quello che nel biennio 2013-2014 ha sfiorato per ben due volte l’Europa League (ahi Guttmann). La crisi economica ha portato il BES, Banco Espírito Santo, detentore del 7% delle quote del club, ad esigere l’estinzione del BSF, Benfica Stars Fund, prestito concesso alle Aguias per facilitare le operazioni di mercato. Un duro colpo per le casse del club.
Veira ha ripianato gran parte dei debiti, ma sebbene il Benfica sia tra i club più tifati al mondo, non sono sufficienti merchandising e biglietti da stadio per fare cassa. È necessario vendere. Cosa che, a volerla dire tutta, da queste parti non è proprio una novità ed anzi lasci spesso qualche dubbio sulla liceità di certi affari. Così negli ultimi tre anni a fare le valigie sono stati, solo per citare i volti più noti, Enzo Perez, Lazar Markovic, Jan Oblak, Bernardo Silva, Ezequiel Garay (stagione 2014/2015 per complessivi 82 milioni di euro); Rodrigo, André Gomes, Ivan Cavalero e João Cancelo (stagione 2015/2016 per complessivi 80 milioni di euro); Renato Sanches, Gonçalo Guedes, Nico Gaitán e Hélder Costa (stagione 2016/2017 per complessivi 105 milioni di euro); Ederson, Victor Lindelöf, Nélson Semedo e Konstantinos Mitroglou venduti la scorsa estate per complessivi 120 milioni di euro. Considerate le altre cessioni per così dire minori e le non certo faraoniche campagne acquisti, il Benfica ha chiuso il periodo 2015-2018 con un saldo attivo di mercato di 343 milioni di euro. Un bottino decisamente interessante che non ha impedito al Benfica di rimanere competitivo. Almeno in patria.
Lo scorso maggio è infatti arrivato il 36° titolo in Primeira Liga dei biancorossi, il quarto di seguito. Rigorosamente festeggiato a suon di sberleffi social rivolti al Porto, secondo a sei punti di distanza.
Quest’anno il copione si sta ripetendo. O meglio, il duello è sempre tra le solite note; il Benfica, attualmente in vetta con 74 punti, ed il Porto che tallona ad una sola lunghezza di distanza. Considerato che, scontro diretto compreso, mancano solo 5 giornate al termine del campionato, ecco che il match del Da Luz diventa fondamentale.
Sérgio Conceição, allenatore dei biancoblu, non ha scuse. Le ultime quattro uscite stagionali sono state quasi disastrose con il Porto, fino a quel momento imbattuto, che ha rimediato ben due sconfitte. Dependemos só de nós” – “dipendiamo da noi”. Così in queste ore ha motivato i suoi ragazzi un Conceição alle prese con varie difficoltà.
Innegabile che il Porto sia arrivato al momento clou della stagione a corto di benzina. Una situazione che ha fatto emergere tutti i limiti dei Dragões: il duo difensivo Felipe-Osorio va ancora affinato, Gonçalo Paciência in attacco non convince; meno male per il Porto che per il big match di Lisbona dovrebbero rientrare Danilo e Alex Telles. C’è bisogno di loro per arrestare la marcia di un Benfica che nelle ultime settimane sembra quasi inarrestabile. E per tornare a vincere un titolo che da quelle parti manca ormai dal lontano 2013.
Il Benfica, come detto, vive invece in uno stato di grazia: l’undici di Rui Vitória ha ottenuto 27 punti dalle ultime 9 gare e sembra aver registrato i problemi che a inizio stagione avevano portato alla contestazione da parte delle frange più calorosi del tifo delle aquile. Svilar e compagni non avevano soddisfatto all’esordio in Primeira Liga, e tanto meno nell’ennesima deludente campagna in Champions League dove il Benfica ha totalizzato zero punti in un girone si con il Manchester United ma che vedeva anche la presenza di CSKA Mosca e Basilea.
Superata la buriana Rui Vitória ha saputo però trovare una quadratura al cerchio con l’attacco che ha finalmente cominciato a carburare. L’esempio emblematico in tal senso è quello di Jonas che a 34 anni ha già superato, con ancora cinque giornate da giocare, le sue statistiche del 2016; anno di grazia che lo vide per un certo period oanche in testa alla classifica per la Scarpa d’oro. All’epoca i numeri recitavano 32 gol e 14 assist in 34 gare; oggi l’attaccante è a quota 33 reti con 6 passaggi decisivi in sole 28 partite. Il brasiliano prosegue il suo magic moment e da solo ha segnato sole due reti in meno di tutto l’attacco del Porto messo insieme: la coppia Marega-Aboubakar ha infatti messo insieme 35 gol. Tuttavia il 7 aprile ha accusato problemi alla schiena, è stato sostituito ed è in dubbio per la partita delle partite.
Per il Benfica il big match con il Porto è l’inizio di un rush finale che alternerà impegni tutto sommato agevoli sulla carta (Estoril, Tondela, Moreirense) col derby di Lisbona, in programma il 6 maggio al Da Luz. Il Porto invece avrà un calendario leggermente più complesso (Setúbal, Marítimo, Feirense e Guimarães, ed il ritorno delle semifinali di Coppa contro lo Sporting nel mezzo) e dunque non può permettersi errori.
Il Benfica domenica avrà anche l’occasione di interrompere la striscia positiva del Porto al Da Luz. Lultima volta che i padroni di casa hanno ottenuto i tre punti contro gli acerrimi rivale nella Catedral risale ormai al lontano 2014. Da quel momento lo score delle sfide tra Dragões e Aguias recita 0-0, 1-2 ed il pareggio per 1-1 dello scorso anno siglato da Jonas e Maxi Pereira dall’altro.
Il Benfica complessivamente non vince con il Porto dal dicembre 2014; 0-2 al do Dragão con doppietta di Lima. Dopo sei incontri a Lisbona sono fermamente convinti che sia giunta l’ora di metter fine al digiuno. E regalarsi un’abbuffata. Una di quelle con cui si festeggiano gli eventi importanti. Come il quinto scudetto consecutivo, ad esempio.