“Quei giorni perduti a rincorrere il vento
a chiederci un bacio e volerne altri cento
un giorno qualunque li ricorderai
amore che fuggi da me tornerai”
Chissà se in Germania conoscono Fabrizio De Andrè e la sua Amore che vieni, Amore che vai. Chissà se i dirigenti del Bayern Monaco si sono lasciati ispirare da questo capolavoro del cantautore genovese al momento di scegliere a chi affidare le sorti del club nella difficile transizione che dovrà traghettare il Bayern dall’era Ancelotti a ciò che sarà dalla prossima estate.
Probabilmente la risposta è no, nelle stanze del potere del Bayern non conoscono De Andrè. Fatto sta che se dovessimo immaginare una colonna sonora che faccia da sottofondo alla telefonata con la quale Rummenigge ha contattato il 72enne Jupp Heynckes condottiero del triplete bavarese del 2013, beh, allora difficilmente si riuscirebbe a trovare canzone più adatta di quella di De Andrè. Perché Rummenigge deve aver toccato le corde giuste; quelle che hanno fatto vibrare con veemenza le pareti della stanza dei ricordi di Heynckes tanto da convincerlo a tornare sulla scena del crimine rinnegando così la scelta di ritirarsi a vita privata maturata quando, nonostante quell’impresa, venne gentilmente accompagnato alla porta dal Bayern che già mesi prima, non immaginando probabilmente la sbornia che sarebbe arrivata, aveva messo sotto contratto Pep Guardiola.
Probabilmente Rummenigge avrà chiesto scusa, si sarà cosparso il capo di cenere ed avrà utilizzato parole al miele per convincere Heynckes che non potrebbe esserci condottiero migliore per trascinare il Bayern fuori da quelle sabbie mobili in cui il club è impantanato dopo quattro stagioni decisamente al di sotto delle aspettative per colpa del duo Guardiola-Ancelotti. Perché, se ci fosse qualche dubbio, in casa Bayern vincere la Bundesliga è tanto routinario quanto un atto dovuto. Il minimo sindacale considerato raggiungibile anche senza bisogno di avere in panchina il top che il panorama europeo possa offrire.
Difficile immaginare gente come Rummenigge o Heynckes farsi sopraffare dai sentimenti; difficile immaginare del resto un tedesco cedere ad un’emozione. Ma il Bayern aveva necessariamente bisogno di un uomo di fiducia. E sia Rummenigge che Heynckes ne erano consapevoli. I tedeschi del resto sono gente seria e con una forte attitudine al lavoro. Trovare l’accordo è stato facile. Per il 72enne tecnico di Monchengladback un ruolo da traghettatore fino al termine della stagione; poi si vedrà. O forse no. Ma andiamo con ordine.
Il Bayern attraversa una fase particolare della sua storia recente. I bavaresi sono nel bel mezzo di un ricambio generazionale obbligato ma mai realmente digerito nelle stanze dei bottoni del club se è vero che quando c’è stato da scegliere se appoggiare Carlo Ancelotti, che sui giovani stava costruendo il suo Bayern 2017/2018, od i senatori, in protesta per essere stati messi a parer loro frettolosamente da parte dal tecnico italiano, la scelta di Rummenigge e compagni è parsa sorprendentemente rapida ed altrettanto sorprendentemente in controtendenza rispetto ad un percorso di ringiovanimento di una squadra che con la sua età media di 26,5 anni è la più anziana della Bundesliga.
Al Bayern non vogliono grane e prediligono allenatori che si lascino influenzare e guidare. È per questo che il feeling con Guardiola prima ed Ancelotti poi non è mai veramente scattato. Fa specie sentire il numero uno del club, Hoeness, commentare così l’esonero di Carletto: “Dal mio punto di vista l’allenatore si è messo contro 5 giocatori importanti della rosa e non avrebbe più potuto farcela. Non puoi avere i giocatori più importanti tutti contro di te. Ho imparato un detto: “Il nemico nel tuo letto è il più pericoloso””. Niente di più vero. Nonostante l’esperienza maturata durante la loro carriera Guardiola ed Ancelotti non sono stati in grado di riconoscere in Hoeness e Rummenigge i principali scogli per la loro permanenza in Baviera.
Heynckes non è certo un piantagrane. È uomo di fiducia. Non il tipico yes man ma qualcosa di simile. Conosce bene l’ambiente Bayern. Ed evidentemente questi sono gli ingredienti sufficienti affinché la ricetta sia giusta. Perché sotto le mani di Heynckes il Bayern Monaco sembra rinato, in Bundesliga ed in Europa.
Con Jupp (che poi si chiamerebbe Josef) in panchina il Bayern ha inanellato una serie di 9 vittorie in altrettante uscite. Ultima quella per 2-0 sul campo dell’Anderlecht nell’ultima giornata di Champions League. Una partita che i Bavaresi, già certi della qualificazione, hanno preso sottogamba nei primi 45’ ma che poi hanno dominato nella ripresa complice la sfuriata del tecnico negli spogliatoi durante l’intervallo che ha rimbombato sonoramente nella pancia dello stadio Constant Vanden Stock.
Il ruolino di marcia di Heynckes non sta certo passando inosservato e sembra aver riportato il buon umore in casa Bayern. Anche tra i giocatori che, con i senatori in testa, stanno facendo pressioni su Hoeness e Rummenigge affinché convincano il mister a proseguire la sua avventura anche il prossimo anno. Ipotesi che, al momento, Heynckes sembra escludere categoricamente. Meno il Bayern che non è particolarmente convinto delle alternative individuate.
Quel che sembra certo è che il prossimo tecnico del Bayern sarà un tedesco. La scelta di affidarsi per due cicli consecutivi ad un allenatore straniero non ha convinto. Considerato anche Sagnol, che ha guidato la squadra subito dopo l’esonero di Ancelotti, gli allenatori non teutonici susseguitesi sulla panchina dei bavaresi sono stati tre: non accadeva dalle origini del club. Il Bayern, fondato nel 1900, si affidò ad un allenatore tedesco solo a partire dal 1933 dopo aver sperimentato, negli anni precedenti, la scuola inglese e quella ungherese.
I nomi seguiti con interesse in Baviera per la prossima stagione sono quelli di Nagelsmann dell’Hoffenheim; quello di Tuchel, ex allenatore del Borussia Dortmund molto corteggiato anche da altre big europee; e quello di Jurgen Klopp. Nessuno dei tre però sembra convincere fino in fondo il Bayern. Nagelsmann per la sua inesperienza; Tuchel perché è quanto di più lontano possa esistere dalla figura dello yes man; Klopp semplicemente perché è Klopp: un rivale mai troppo tenero nei confronti del Bayern. E certe cose, le esternazioni provocatorie soprattutto, a Monaco non le dimenticano facilmente. Ecco perché pensare che Heynckes sia il nome nuovo per il futuro del Bayern non è oggi poi così un’utopia.