La Roma sembra essersi offuscata, con una involuzione pazzesca di gioco che le ha precluso ormai definitivamente la corsa scudetto. Nel marasma più totale che regna sulla sponda giallorossa della capitale, però, si scorge una piccola luce che sembra dare speranza. Cantavano in Curva Sud ai tempi di Rudi Voeller “Er tedesco sta a gioca da solo”. Era la Roma di fine anni 80 che aveva chiuso un ciclo e si andava pian piano ad offuscare all’ombra delle celebri imprese dei colossi dell’epoca: Milan, Inter, Napoli e Sampdoria.
Anche oggi, analizzando le prestazioni della squadra di Di Francesco negli ultimi mesi, sembra che a giocare (quasi) da solo sia nuovamente un tedesco. O quasi: le origini son quelle (il cognome “Becker” sembra darci qualche indizio), ma lui è brasiliano. Il ruolo poi è completamente diverso sebbene vi sia comunque di mezzo il gol. La differenza rispetto a Voeller è che Alisson Ramsés Becker, in quanto portiere, i gol cerca di evitarli.
“O Goleiro”, come dicono dalle sue parti, è nativo di Novo Hamburgo nel Rio Grande do Sul. Terra dove nacque un altro gigante dei pali anche lui passato da queste parti (e rimasto anche un po’ indigesto dopo USA ’94): Claudio Taffarel. E proprio come colui che distrusse i nostri sogni in quel di Pasadena, anche Alisson Ramsés Becker inizia la sua carriera proprio nell’Internacional di Porto Alegre, dove aveva già giocato il fratello maggiore Muriel e un altro pezzo di storia dell’A.S. Roma come Paolo Roberto Falcao. Tre stagioni bastano a Walter Sabatini per convincerlo ad anticipare la concorrenza di altri club, fra cui la Juve, ed accaparrarsi il classe 92′. Un altro anno ancora in Brasile e poi, dopo la Copa Centenario con Dunga in panchina, che gli fa giocare tutte e 3 le partite della fase a gironi, il grande salto e lo sbarco in Italia. Dove le promesse non sembrano essere le migliori.
L’esperienza di Alisson Ramsés Becker nella capitale è infatti decisamente in salita. L’alternanza con Szczesny, sofferta dal brasiliano ma assolutamente necessaria secondo mister Spalletti, gli crea difficoltà. Così quando viene gettato nella mischia l’insicurezza prevale. Bastano qualche gol subito in Europa League (su tutti quello in trasferta a Plzen) ed in Coppa Italia (poca coordinazione in caso della rete del Cesena) affinché sommando le sporadiche immagini passate su Sky della Copa Centenario giocata negli Stati Uniti l’estate precedente a far emettere la solita frettolosa sentenza. “Questo non è buono nemmeno nei filmini su youtube” è il mantra (goliardico) tra i tifosi romanisti.
Ma in realtà c’è qualcosa che stupisce ancora più dei gol, a volte sciocchi, incassati da Alisson. Si tratta del fatto che le numerose panchine di quella stagione (solo 15 presenze in tutto l’anno) non sembrano interessare minimamente al signor Adenor Leonardo Bacchi, meglio noto come Tite; il ct della Seleçao.
Nonostante le critiche, le difficoltà ed una situazione frustrante che lo vede confinato alle spalle di un signor portiere, il ct del Brasile si ostina a fargli scudo intorno proponendolo come titolare inamovibile in uno dei momenti più difficili per il calcio brasiliano stesso. Così, mentre a Roma le cose non sembrano andare per il meglio, lo score di Alisson in nazionale è di appena 3 reti subite più una prestazione superba contro l’Argentina nel 3-0 di Belo Horizonte che lo consacra definitivamente. O quasi. Per i romanisti più nottambuli, infatti, quella sfida Brasile-Argentina è la certezza dell’assoluto valore del portiere. Per i “San Tommaso” della situazione, invece, occorre ancora un po’ di tempo.
Precisamente, tanto per restare in tema biblico, la comparsa di Saul ed il relativo miracolo (l’ennesimo di quella partita) di Alisson sotto la Curva Sud al minuto 93 di Roma-Atletico Madrid della fase a gironi della Champions quest’anno. Un intervento che lascia tutti a bocca aperta e riscrive quello che sembra un epilogo già scritto per i tifosi romanisti. La squadra di Simeone resta inchiodata sullo 0-0 ed il popolo giallorosso si accorge finalmente di avere in casa un portiere coi fiocchi. La Roma in effetti diventa una delle migliori difese europee, passa il girone di Champions chiudendo in vetta e si porta nelle zone alte della classifica con il netto contributo di Alisson, sempre più decisivo e rinvigorito.
Ultimamente però i risultati della squadra di Di Francesco sono stati piuttosto altalenanti. Cosa che non si può dire delle prestazioni di Alisson che invece ha continuato imperterrito a mettere in mostra delle doti pazzesche. Le parate su Icardi od il salvataggio su Caprari sono l’emblema: in momenti dove la speranza sembra definitivamente mancare c’è sempre (spesso va) il brasiliano a metterci una pezza. L’unico nelle ultime giornate a prendersi gli applausi del pubblico giallorosso e l’unico a non aver dato l’impressione di aver tirato i remi in barca quando il traguardo scudetto si è fatto sempre più lontano.
Evidentemente abituato nei momenti peggiori, fra panchine e sconfitte, a dover/poter tirare fuori il meglio di se, fra movenze feline e dribbling non proprio da “uomo fra i pali” ecco che il calcio italiano ed internazionale sta conoscendo uno dei portieri più completi degli ultimi anni. Uno che nelle difficoltà ha saputo reagire, rialzarsi, esaltarsi e trarre forza uscendone sempre a testa alta. Una luce a cui la Roma vuole appigliarsi per costruire un futuro radioso. Nonostante le sue prodezze abbiano nel frattempo fatto rapidamente il giro del globo catturando l’attenzione dei top club europei.
In estate Alisson Ramsés Becker è atteso dal suo primissimo mondiale da protagonista. A 25 anni, a prescindere da quale sarà l’epilogo di Russia 2018 per il Brasile, ci sono buone possibilità che Real o PSG, i club che più degli altri sembrano interessati al giocatore, possano andare ad offrire quelle cifre che di questi tempi quasi nessuno può rifiutare.
Ma da qui a luglio c’è ancora tempo. C’è prima da conquistare la qualificazione alla Champions del prossimo anno e magari provare a fare più strada possibile in quella di quest’anno. Per passare ai quarti bisogna prima superare lo Shakhtar Donetsk. L’ultima volta che la Roma arrivò così lontano nella massima competizione europea in porta c’era un altro brasiliano; un certo Doni.
Un altro arrivato fra lo scetticismo generale, presentatosi con qualche incertezza di troppo (si ricordi la papera contro l’Inter) ma andato via come uno dei portieri più forti mai passati per la Roma e nel panorama internazionale. Oggi la speranza del popolo giallorosso è che con Alisson Ramsés Becker la storia possa ripetersi. Magari però con un epilogo diverso.