Adel Taarabt è nato a Fès, in Marocco. Ma l’aria di mare della capitale imperiale l’ha respirata per poco. La sua famiglia, infatti, si trasferì in Francia che Adel aveva appena 9 mesi. Non abbastanza presto però da fargli seppellire il legame con il Paese natio. Perché nonostante l’idolo calcistico di Adel Taarabt sia un francese, sua maestà Zinedine Zidane, ciò non è stato sufficiente a fargli preferire Les Bleus al suo Marocco quando si è trattato di scegliere quale bandiera difendere. Calcisticamente, si intende.
Adel Taarabt è un funambolo; una testa calda; un fumantino. Un girovago di professione. Anche perché nel lungo peregrinare pallonaro per l’Europa che conta ha litigato a destra e a manca lasciando di se un ricordo a tinte di grigio. Osannato per le sue giocate, i suoi numeri, i suoi gol. Detestato per quel carattere testardo e spesso presuntuoso che troppe volte lo ha portato a puntare i piedi davanti a quelle da lui percepite come ingiustizie.
Sin dalle giovanili, i vari tecnici che hanno avuto il duro compito di svezzare Adel Taarabt non hanno potuto fare a meno di fare i conti con la sua personalità. Tecnicamente ineccepibile, il ragazzo ha sempre avuto un carattere niente male. Diciamo pure che Adel Taarabt è sempre stato uno senza mezze misure; uno che non si è mai premurato di valutare a priori le conseguenze dei suoi gesti o delle sue parole. Uno che però, ed anche questo è giusto sottolinearlo, non si è mai tirato indietro quando la vita gli ha presentato il conto. Quando ad esempio si trovò a fare un bilancio della sua poco fortunata esperienza al Tottenham non ebbe grossi problemi a define “un grandissimo errore” preferire il Tottenham all’Arsenal. Così apertamente. Come se la cosa non potesse avere conseguenze sulla sua permanenza a White Hart Lane.
Fu quello invece il preambolo del suo approdo al QPR in Championship, la Serie B inglese. A conti fatti, una manna dal cielo per Adel Taarabt che a Neil Warnokc, il tecnico di quella squadra, deve molto. Di lui Taarabt dirà: “Vuole rendermi un world beater”. Il lemma “world beater” è tipico del gergo pugilistico, indica un atleta particolarmente istintivo che prenda a botte il resto del mondo, accecato dalla sua furia. Ci aveva visto giusto Adel. Sarà Neil Warnokc a rendere Taarabt quello che è oggi. Forse non un campione. Ma un giocatore di calcio si. E sicuramente un uomo.
Nel marzo 2011 la famiglia Taarabt fu segnata da un grave lutto: il fratello di Adel era stato ucciso a Marsiglia da una gang algerina. Il calciatore non voleva per nessuna ragione al mondo raggiungere la Francia. Ma Warnock lo costrinse a partire. Fu in quell’occasione che Adel capì veramente l’importanza del suo allenatore: “Lavoro meglio quando sento affetto nei miei confronti, e Warnock me lo dà. Quindi ho bisogno di persone che mi amino, che mi diano fiducia. Se gioco male per 2 o 3 partite, Warnock non mi mette in panchina: mi dice di non preoccuparmi, che riprenderò a giocare. Questo è quello che mi serve e che mi fa giocare bene”.
E’ naturale che sia con Warnock che arriva l’esplosione. Con 19 reti e 16 assist il capitano del QPR guida i londinesi in Premier e per non farsi mancare nulla vince pure il premio come migliore giocatore della stagione. A Loftus Road lo adorano. Gli hanno anche dedicato un coro per schernire gli avversari: “Taarabt’s too good for you”. Ma nel mercato estivo il QPR acquista Joey Barton e Warnock lo nomina capitano. Adel Taarabt non la prende bene e tra una pinta al pub e qualche alzata di testa di troppo di lì a poco, stanco ormai del suo status di separato in casa, sbatte la porta e se ne va. A stagione in corso. Al Milan.
Dove Taarbat a dire il vero se la cava anche piuttosto bene. Clarence Seedorf, allenatore dei rossoneri, punta molto sul marocchino venendo spesso e volentieri ricambiato della fiducia. Fiducia che non gli accorda invece Barbara Berlusconi che in estate non esercita il riscatto. Adel di tornare a Londra non vuole saperne. Lo fa perché costretto ma si libera immediatamente e si accasa al Benfica. Dove però c’è un altro marocchino Mehdi Carcela-González che gli ruba la maglia da titolare.
Adel Taarabt è un tipo pacato e che accetta di buon grado la concorrenza. Infatti discute con Rui Vitória e a gennaio 2017 leva le tende per accasarsi al Genoa. Dove arriva con la spocchia di chi si sente un fenomeno in una squadra di brocchi. Senza apparente motivo però. La fortuna di Taarabt è che ogni tre esperienze trova sulla sua strada un mentore. In Liguria ha le sembianze di Ivan Juric che lo accoglie sotto la sua ala protettrice e restituisce il marocchino al mondo del calcio. Non prima di avergli impartito una nuova lezione su come si sta al mondo.
“Se avessi incontrato Juric a 16 anni chissà dove sarei arrivato” dice oggi Adel, mentre si guarda orgogliosamente allo specchio raccontando degli 11 chili perduti mentre era fuori rosa. Un pazzo, a voler trascorrere col preparatore atletico del Genoa, Pilati, interminabili pomeriggi per convincere il mister croato a reintegrarlo in rosa. Pare che fosse uscito dalla lista dei convocati a causa di un diverbio col tecnico: archetipo slavo contro archetipo magrebino. Certamente due caratteri forti con ben poca propensione al dialogo ma una determinatezza nell’agire da far paura.
“Quando sono arrivato a Genova ero fuori forma e ci sono stati dei problemi, però ho capito che ero io a dover andare incontro a lui, così sono andato a parlargli – la sentenza – Juric mi ha risposto che se avessi fatto le cose per bene potevamo ricominciare. Non so se possiamo dirci amici, ma di sicuro mi ha cambiato la vita e pure il fisico”.
Pure con qualche chilo in più, nella mischia Adel Taarabt ha fatto la differenza. In un Genoa privo di qualità, con Centurión mai sufficiente, Ninkovic epurato e Rigoni a mezzo servizio, serviva un alter ego ideale di quel Lucas Ariel Ocampos che l’anno prima in maglia rossoblu aveva fatto sfracelli. E Taarabt non si è fatto scappare l’occasione trasformandosi in abile scalatore di gerarchie consolidate in tempi incredibilmente rapidi. In poco tempo ha preso il posto accanto a Galabinov. Poi ha iniziato a fluttuare tra le linee di un camaleontico 3-4-2-1. Ora sembra che stia tirando il fiato, ma è comprensibile visto il forte stress cui ha sottoposto il fisico.
Ora Juric ha lasciato la panchina del Genoa dopo un derby orribile e Ballardini, subentrato al croato, sembra coccolare più Pandev che Taarabt. Il nuovo tecnico predilige la difesa e davanti dovrà presto rilanciare Lapadula e perchè no, Pepito Rossi. Sperando che non tocchi ad Adel Taarabt fare spazio. Altrimenti solo Allah sa come andrà a finire.