13 dicembre 1998, allo Stadio Olimpico di Roma si gioca Lazio-Sampdoria, gara valida per la tredicesima giornata del campionato di Serie A 1998-1999.
È quella la seconda Lazio di Eriksson. Una squadra che l’anno prima ha vinto la Coppa Italia, primo trofeo dallo Scudetto del 1974; che in estate ha battuto la Juve a domicilio sollevando al cielo di Torino la Supercoppa italiana; che insegue lo scudetto e si appresta a scrivere la storia in Europa. La delusione della sconfitta nella finale di Coppa UEFA a Parigi dell’anno precedente verrà infatti digerita in fretta grazie alla vittoria della Coppa delle Coppe alla fine della stagione, preludio della notte magica di Montecarlo che porterà in dono la Supercoppa Europea strappa al Manchester United degli invincibili.
È quella anche la Lazio di Nesta, Nedved e Coincecao; la Lazio di Mancini, quel 13 dicembre 1998 a quota 500 presenze nella massima serie, e Almeyda. Sarebbe anche la Lazio di Bobo Vieri che però in quel periodo è fermo ai box e tornerà a disposizione solo dopo Natale. È la Lazio di Sinisa Mihajlovic, cecchino dal sinistro al fulmicotone che fa gridare al gol sin da quando l’arbitro fischia il calcio dibpunizione.
Lo sa bene Ferron, che di quella Samp quel giorno di scena a Roma è il portiere e che per tre volte verrà perforato dalle velenose traiettorie del difensore di Vukovar.
Tre reti su calcio piazzato. Un record, considerando le sole punizioni dirette, che ancora oggi resta imbattuto.
Tre reti che contribuiscono in maniera decisiva al 5-2 finale (doppietta di Palmieri dal dischetto per la Samp; di Stankovic e Salas le altre due reti laziali nel finale di partita) con il quale i biancocelesti prevalgono in una partita spigolosa che la Sampdoria, a quei tempi mal messa in classifica, per onor di cronaca gioca meglio dei padroni di casa. Un 5-2 che, nella stessa serata di quel 13 dicembre costerà la panchina blucerchiata a Luciano Spalletti. Un 5-2 che tiene la Lazio agganciata nelle zone nobili della classifica.
Una tappa di un percorso che porterà la squadra di Eriksson a giocarsi lo scudetto in un testa a testa con il Milan di Zaccheroni che durerà fino all’ultima giornata. O meglio, fino alla penultima.
Perché a Firenze, a 180’ dalla fine del campionato, una svista clamorosa dell’arbitro, che non sanziona un tentativo di strangolamento di Mirri su Salas in area di rigore, inchioderà la Lazio sul risultato di 1-1 consentendo al Milan di mettere la freccia. Ma questa in fondo è un’altra storia.
13 DICEMBRE 1998
XIII GIORNATA SERIE A 1998/1999
LAZIO-SAMPDORIA 5-2
LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Conceicao, (83′ Gottardi), Stankovic, Almeyda, De La Pena (67′ Venturin), Mancini, Salas. A disposizione: Ballotta, Pinzi, Baronio, Iannuzzi, Lombardi. All. Spinosi – DT Eriksson.
SAMPDORIA: Ferron, Sakic, Lassissi, Grandoni, Balleri, Pecchia, Ficini (72′ Iacopino), Laigle, Vergassola (81′ Hugo), Sgrò, Palmieri. A disp. Ambrosio, Castellini, Nava, Zivkovic, Aloe. All. Spalletti.
Arbitro: Collina (Viareggio).
Marcatori: 29′ Mihajlovic, 38′ Palmieri (rig), 45′ Mihajlovic, 52′ Mihajlovic, 55′ Palmieri (rig), 83′ Stankovic, 92′ Salas.
Note: ammoniti Almeyda e Stankovic per gioco scorretto, Grandoni e Balleri per gioco scorretto. Angoli 7-2 per la Lazio. Premiato prima della partita Roberto Mancini per le 500 partite in serie A.
Spettatori: 39.436 abbonati per una quota di 1.014.024.038 lire e 10.240 paganti per un incasso di 341.0511.000 lire.